Adia Victoria (sito ufficiale) è una ragazza afroamericana, nata in South Carolina e da diversi anni residente a Nashville, Tennessee. Nel cuore del cosiddetto South degli Stati Uniti, i luoghi dove è storicamente più difficile essere neri: dai tempi della schiavitù, passando per la guerra civile, fino ai giorni nostri.
Nella sua musica questa parte di storia, di vita, di fatica e di sofferenza, di ribellione e di rabbia, è sempre stata presente. Nel suo terzo disco però, uscito da poche settimane con il titolo “A southern gothic”, queste istanze hanno trovato la maturità espressiva e suonano più forti che mai. Pur essendo, spesso, meno esplicite e urlate di quanto non succedesse nei suoi due dischi precedenti.
«Volevo che i miei racconti, provenienti da una giovane ragazza nera, potessero essere altrettanto emblematici di un’esperienza nel South di quanto lo furono gli scritti di Faulkner», ha dichiarato la stessa Adia Victoria, parlando dell’intenzione con cui ha scritto i pezzi del suo nuovo album e mettendosi da sola di fronte a un paragone francamente impegnativo.
Ma non è il nostro compito chiederci se effettivamente le canzoni di Adia Victoria reggano il confronto con “L’urlo e il furore” del grande scrittore americano: è molto più utile invece concentrarci su quello che c’è effettivamente dentro “A southern gothic”.
Il titolo, che evidentemente si riferisce a uno dei quadri più famosi nella cultura americana, “American Gothic” di Grant Wood, riporta immediatamente l’idea di voler rappresentare una parte di storia, profondamente radicata nel Sud americano; così come è una diretta citazione dello stile letterario chiamato esattamente “southern gothic”, a cui il già citato Faulkner è stato spesso accostato, insieme ad altri autori come Flannery O’Connor.
E’ un disco che ha a che fare con le radici, soprattutto. Con il blues. Da sempre è l’arma prediletta di Adia Victoria, che però negli anni precedenti ha quasi cercato di farci a botte, cercando di renderlo contemporaneo, di farlo proprio. In questo nuovo album sembra invece averci fatto pace e, smettendo di volerlo trasfigurare, è riuscita definitivamente a domarlo.
Il risultato è straordinario. Forse non solare, ma meno ostico dei suoi lavori precedenti. Parole e musica, cantato e arrangiamenti, trovano un’armonia perfetta, canzone dopo canzone. Ogni cosa che Adia Victoria ci racconta, ci trasporta nei luoghi dove è cresciuta, con una scrittura sicuramente molto legata alla letteratura americana: sono per lo più canzoni/racconti, che fotografano con poche, vivide, parole personaggi e situazioni.
A produrre il disco ci ha pensato un esperto artefice dei suoni di molti dischi che hanno saputo catturare l’essenza del folk americano, come T Bone Burnett. Tra gli ospiti, troviamo straordinari interpreti come Jason Isbell o Matt Berninger. E’ davvero un album a cui non manca nulla.
E’ un piacere potervela proporre, in questi sette giorni, come nostra artista della settimana. Come sempre la ascolterete nelle nostre trasmissioni, e domenica 17 ottobre, dalle 18.30 alle 19, dedicheremo uno speciale a lei e a “A southern gothic”, per esplorare le storie che il disco contiene. Qui sotto, il video della prima canzone che è stata sveltata per presentare l’album, una canzone che racconta dell’albero di magnolia sotto cui Adia Victoria, da bambina, ha passato molte delle sue ore.
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