Visionario interprete dei colori, Matteo Guarnaccia era attivo come agitatore culturale della scena alternativa sin dagli anni Settanta, quando in Olanda fondò la rivista psichedelica “Insekten Sekte” che cavalcando i binari dell’“Hippie Trail” si diffuse nell’universo della controcultura. Stampata in eliografia, era un foglione tutto disegnato a mano con china e rapidograph. Matteo era un poeta della pittura psichedelica e in quegli anni, con il suo inconfondibile tratto grafico, collaborò con diverse testate alternative, dall’americana “Berkeley Barb” all’italiana “Fallo!”. Storico del costume, autore di una trentina di saggi sulle avanguardie storiche e sui movimenti creativi antagonisti, illustratore, pittore, realizzatore di copertine di dischi, organizzatore di eventi… Matteo Guarnaccia era una fucina creativa ed i suoi lavori – caratterizzati da uno stile grafico dominato da colori accesi, dove figure dell’immaginario hippie si mescolano a fiori e animali in composizioni affollate – sono stati esposti in tutto il mondo sia in luoghi istituzionali che in ambienti creativi anomali. Oltre a tutto questo, o meglio prima di tutto questo, Matteo era una persona buona. Gentile, sempre disponibile a collaborazioni (numerose) anche con questa emittente.
Con semplicità scarna di ideologie preconcette poteva parlarti indifferentemente di beats, provos e capelloni, compresi quelli che nella primavera del ’67 vissero a “Barbonia City”, il campeggio hippie al capolinea del 24 in via Ripamonti, a Milano. Ma anche di moda, o meglio – parafrasando il titolo di uno dei suoi tanti saggi – di mode radicali, di come si poteva essere ribelli ‘ con stile’. Amava molto la musica, a cui dedicò più di un lavoro: dalla biografia a fumetti dedicata a Jimi Hendrix a volumi dedicati – per esempio – a Bob Dylan o David Bowie. Matteo è andato “Across the Universe”, così ha detto sua moglie Tiziana dando la notizia della sua scomparsa, regalando a tutti noi una meraviglia di luce, di immagini, di bontà e di condivisione.