Classe 1940, nato a Teheran, una formazione artistica alla Scuola di Belle Arti: grafica, pittura e tanta pubblicità prima di approdare al cinema. L’arte per Abbas Kiarostami è stata alla base delle sue immagini, della sua poetica, del suo amore per la bellezza. Una bellezza che travalica la politica e che lo fece restare nel suo paese anche dopo la Rivoluzione del 1979, quella che portò l’Ajatollah Khomeini a governare, tiranneggiando in nome della religione islamica, costringendo le donne a marciare più di un passo indietro e considerando l’arte un’espressione impura.
In mezzo a tanto oscurantismo il cinema di Kiarostami rappresentava una ventata d’aria fresca e di limpidezza, con storie che raccontavano il paese in modo disincantato e veritiero, ironico e con un sguardo che ammiccava al neorealismo italiano. Un cinema che è riuscito a portare l’Iran in tutto il mondo, partecipando a molti festival internazionali e con la Palma d’Oro nel 1997 per Il sapore della ciliegia.
“Cambia il tuo modo di pensare e cambierai il mondo”, dice l’anziano Bagheri al giovane Badii che vorrebbe suicidarsi, esortandolo ad apprezzare le bellezze della natura, come ha fatto lui quando scoprì il sapore della ciliegia.
Nella carriera professionale di Kiarostami prende molto spazio la pedagogia, il lavoro con i bambini spesso presenti nei suoi film, non come fronzoli ma con dei caratteri risultato di uno studio approfondito. Dov’è la casa del mio amico (1987), segue per tutto il film un bambino alla ricerca di un compagno di scuola, per restituirgli il quaderno trovato nella propira cartella e per evitargli una punizione. Uno sguardo alla François Truffaut, pieno di tenerezza e realismo.
Era molto vicino all’Italia, sia per l’amore nei confronti del cinema neorealista e non solo, un’amicizia con Mario Monicelli e il suo film Close Up (1990) proiettato da Nanni Moretti nella sua sala cinematografica in Trastevere, accompagnato da un breve documentario Il giorno della prima di Close Up firmato dal regista di Ecce Bombo. Partecipò nel 2005 alla realizzazione di un episodio del film Tickets, con Ermanno Olmi e Ken Loach e in Italia girò il suo penultimo film, nel 2010, Copia conforme, ad Arezzo con Juliette Binoche addentrandosi nel mondo dell’arte e dell’antiquariato. Un film nato dopo l’abbandono dell’Iran da parte di Kiarostami, che lascio dopo l’arrivo al potere di Mahmoud Ahmadinejad. Anche il suo ultimo film fu realizzato all’estero nel 2012: Qualcuno d’amare, ambientato nel Giappone di oggi con una studentessa che si prostituisce con un uomo anziano per mantenersi gli studi.
Tra gli altri film dedicati all’Iran e distribuiti in Italia: Sotto gli ulivi (1994), E la vita continua (1992), Il vento ci porterà via (1999) e Dieci (2002), dedicato alle storie di alcune donne iraniane.
Si dice a ragione che Abbas Kiarostami ha portato il cinema iraniano nel mondo, spesso invitato ai Festival di Cannes e di Venezia e di Locarno, dove fu premiato con il Pardo d’Onore nel 2005. Sicuramente è il regista capofila di un paese che ha visto crescere la settima arte in maniera egregia, con cineasti che hanno pagato in prima persona la propria liberta d’espressione, come Jafar Panahi con cui Kiarostami scrisse nel 2005 la sceneggiatura di Oro rosso. O Moshen Makhmalbaf a cui dedicò Close Up.