Soprattutto in questo momento, alle azioni di contrasto alle estorisioni, sia da parte della magistratura che delle associazioni anti-racket che lavorano sul territorio, bisogna affiancare altre strategie. Siamo in un momento di grave difficoltà economica, con il diritto al lavoro, al salute, alla casa, è messo seriamente in difficoltà. E’ fondamentale affiancare a strategie classiche di contrasto al racket anche politiche sociali e interventi sul territorio che impediscano a Cosa nostra di sostituirsi al welfare, allo Stato. Durante il lockdown anche noi, nel nostro piccolo, abbiamo intrapreso un’azione di questo tipo sul territorio. Con i nostri mezzi abbiamo cercato di aiutare con una raccolta alimentare delle famiglie disagiate del centro storico di Palermo.
Cosa significa per un boss mafioso o aspirante tale portare la spesa a delle famiglie in difficoltà, che cosa gliene viene?
Consenso sul territorio, chiaramente. E’ una pratica che c’è stata anche in passato. Bisogna serrare le fila, sempre. Mantenere il consenso è fondamentale: quindi il mafioso che aiuta i bisognosi acquista un credito maggiore rispetto a un mafioso che fa soltanto le estorsioni. Quindi è un credito che Cosa nostra andrà a riscuotere.
Ho sentito che alcuni imprenditori hanno anche denunciato, e anche da lì si sono sviluppate le indagini. Questo che segnale è?
Questo è un segnale chiaramente positivo, negli ultimi tempi abbiamo assistito a un numero sempre maggiore di imprenditori, soprattutto edili, che denunciano in contesti difficili. Il dato numerico non è rilevante.
Sono ancora pochi insomma.
Si, sono ancora pochi. Non scordiamoci mai che i contesti sono difficili, che si confida sempre nella collaborazione anche successiva e associazioni come la nostra iniziano a lavorare anche su questo.