Una mostra che propone un ritratto esaustivo di Kazimir Malevic, artista-chiave del XX secolo e padre del Suprematismo.
In occasione del centenario della nascita del Suprematismo, di cui Malevic è stato ideatore e teorico, si è tenuta una importante mostra alla Tate di Londra lo scorso anno. In questo periodo due mostre celebrano l’artista: una alla Fondazione Beyeler di Basilea, dove viene proposta la ricostruzione della sala suprematista del 1915, e l’altra a Bergamo alla Gamec, che offre un ritratto completo di Malevic e del suo percorso.
Malevic, nato a Kiev nel 1879 e scomparso a San Pietroburgo nel 1935, teorizzando il Suprematismo Malevic ha di fatto consolidato l’affermarsi dell’arte astratta, cosa che gli creò non pochi conrasti con il regime sovietico, che al contrario esaltava il realismo nella pittura.
La mostra è curata da Giacinto Di Pietrantonio, direttore della Gamec e da Evgenija Petrova, vice-direttore del Museo di San Pietroburgo, dal quale arrivano molte delle cinquanta opere, che saranno esposte fino al 17 gennaio.
Il percorso espositivo comincia co un video e una suggestiva ricostruzione dei costumi dello spettacolo “Vittoria sul sole”, un allestimento futurista del 1913, andato in scena a San Pietroburgo. Un’opera totale di musica, arte e poesia, creata da Malevic insieme ai suoi collaboratori, e nella quale si rintracciano già i tratti distintivi del Suprematismo, con un primo accenno al Quadrato nero (opera iconica e significativa che troviamo in mostra con il Quadrato rosso e il Suprematismo del 1915).
A proposito del Suprematismo, Malevic scrive: “Le cose rappresentate hanno perso ogni natura reale: peso, mobilità, spazio, tempo”: nasce così un’arte astratta antinaturalista, assoluta e senza gravità.
La mostra ha inoltre il merito di mettere in risalto l’evoluzione del lavoro di Malevic, che sotto la pressione del regime tornò al figurativo, seppure in un contesto di astrazione, con le facce dei contadini, tema costante nei suoi dipinti, prive di lineamenti ma di grande forza espressiva nella brillantezza dei colori.
Nelle ultime sale, dopo aver visto alcune fra le opere più significative, ci troviamo davanti all’autoritratto dell’artista nelle vesti di Cristoforo Colombo, quasi a significare che, come Colombo, anch’egli aveva scoperto una nuova dimensione e frontiera dell’arte.
Nella trasmissione Cult, abbiamo approfondito questi temi con uno dei curatori della mostra e direttore della Gamec, Giacinto Di Pietrantonio.