Lo scoppio della guerra in ucraina per me è stato il crollo di una certezza.
Ho 21 anni e sono cresciuta con la sicurezza che non avrei vissuto nessuna guerra. Guardavo alla crisi ucraina preoccupata, ma avevo la convinzione che si sarebbe arrivati a una soluzione.
Ho seguito un corso di relazioni internazionali e di legge internazionale, ho studiato accordi per regolare ogni scontro possibile e mille modi per evitare lo scontro armato. Ero convinta bastasse.
I governi e le organizzazioni internazionali fanno gli interessi delle persone e la violenza è l’ultima arma, sono questi i principi base.
Ma Questo funziona solo sulla carta, a livello formale, e non è una novità per nessuno. Ma è a prima volta che gli eventi mi sbattono questa realtà addosso con tanta foga. E che guardo al mondo che mi aspetta e vedo questo gran casino.
Certo, il covid aveva fatto la sua parte nell’incupire il futuro, ma quello era un nemico comune. Da combattere tutti insieme, stando a casa e imparando il rispetto verso gli altri.
Ora non è così.
Il nemico non si combatte con la mascherina, ma con le armi. Russi e ucraini della mia generazione, quella cresciuta nella globalizzazione più totale, che non vede confini, che parla inglese quanto italiano, ora hanno in mano le armi.
Per fermare questa guerra non dobbiamo rispettare gli altri, ma attaccarli. Con le armi o con le sanzioni. Non si combatte più il covid, ma le persone.
E se questa guerra ha fatto riemergere la compassione per gli ucraini che scappano dalla guerra, ha anche alimentato la diffidenza, a volte l’odio, per i cittadini russi; e diversi episodi al confine ci hanno ricordato il razzismo che c’è verso le persone di origine non europea.
Pensavo che il mondo stesse andando in una direzione di unità, ora non ne sono sicura. C’è già tanta divisione, tra Russia e occidente, tra chi vorrebbe mettere l’elmetto e i pacifisti, tra chi vorrebbe l’ucraina nella nato e chi no. L’Europa si mostra unita di fronte a questa crisi, ha messo da parte per un po’ gli scontri interni, ma prima o poi i nodi verranno al pettine. E più la guerra va avanti più sembra che le divisioni aumentino.
All’inizio del coronavirus cantavamo dalla finestra ‘andrà tutto bene, ne usciremo migliori. Sappiamo che non è andata così. Da una guerra non si può uscire migliori. Temo ne uscirà solo un mondo più frammentato e diffidente. Sicuramente più spaventato, di nuovo consapevole che a separarci da un conflitto potenzialmente nucleare è soltanto un equilibrio molto instabile.
A 21 anni, con la guerra negli occhi
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Autore articolo
Martina Stefanoni