Uno a uno palla al centro. Dopo la Brexit, l’Europa – con l’Olanda – ha segnato il pareggio. L’attesa per il voto olandese si era fatta spasmodica: veniva considerato un test decisivo per la tenuta dell’Unione europea. Poi verranno Francia e Germania.
Per ora gli europeisti tirano un sospiro di sollievo. Lo spauracchio Wilders è stato fermato. Le sue istanze sono due: islamofobia e No all’Europa. Guardando al risultato delle urne è evidente che sono state respinte. Tutti i partiti che gli si contrapponevano sono pro Europa. Lo è il premier conservatore Rutte. Lo sono i democristiani e i centristi D66. E lo è anche l’astro nascente di queste elezioni, il Verde Jesse Klaver.
In Olanda, il No all’Europa è rimasto confinato all’estrema destra. Che, cresce, attenzione, si radica. Ma non sfonda. Adesso a Bruxelles tutti brindano. Ma non c’è da dormire sugli allori. La crisi dell’Unione europea resta e la settimana prossima le celebrazioni per il sessant’anni dei trattati istitutivi dovrà essere un’occasione di rilancio. Si parla di Europa a più velocità, un’ipotesi che sembra trovare consensi, ma non nei Paesi dell’Est. In ogni caso, più che da festeggiare c’è da immaginare un modo per far progredire il progetto europeo. Ora tocca alla Francia, il primo turno delle elezioni è il 23 aprile. Marine Le Pen è contro l’Europa. Meno pittoresca di Wilders, con una base elettorale più consolidata, ma su questo giocherà la sua sfida.
Quello olandese è stato un segnale. Che si aggiunge a quello austriaco dove il presidente Van Der Bellen, pro Europa, ha battuto l’estrema destra anti Bruxelles. Troppo presto per dire se il trend si sta invertendo. Ma abbastanza per porsi la questione: non sarà che dell’Europa tutti parlano male ma poi, quando c’è da scegliere davvero se lasciarla, prevale il timore del salto nel buio? Le opinioni pubbliche, messe di fronte all’alternativa dentro o fuori, non sembrano così convinte che il futuro sarà migliore fuori dall’Unione. E poi c’è il voto giovane. In Olanda il Verde Klaver ha raccolto molto della “generazione Erasmus”. Se questo è vero, sta alle forze europeiste proporre un’Europa convincente, senza retorica, capace di riformarsi. Forse sono ancora in tempo.