La guerra siriana ha distrutto intere città e ha fatto centinaia di migliaia di morti. Oltre la metà della popolazione è dovuta scappare. E interi centri sono ancora sotto assedio.
Quella che sta vivendo la Siria è la peggiore crisi umanitaria dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Eppure il conflitto non è ancora finito. I tentativi di negoziato, da una parte quello di Ginevra sponsorizzato dalle Nazioni Unite, dall’altra quello di Astana con Russia, Iran e Turchia, non stanno producendo alcun tipo d’intesa.
Nonostante lo stallo e la complessità geopolitica delle considerazioni su questi sei anni di guerra si possono fare.
La rivoluzione, la rivolta popolare, non c’è più. I ribelli, quelli che combattevano per far cadere Assad, hanno perso. E la linea dura del regime di Damasco ha portato alla supremazia, all’interno dell’opposizione armata, dei gruppi più radicali.
L’intervento russo, così come quello turco nel nord, hanno confermato in maniera sfacciata che quella siriana è anche una guerra regionale e internazionale. Mosca è la grande vincitrice. L’assenteismo dell’Occidente, insieme alle ambiguità degli altri sponsor dell’opposizione, soprattutto i paesi arabi del Golfo Persico, hanno lasciato campo libero a Putin.
L’unico punto d’incontro è rappresentato dalla lotta all’Isis, anche se le differenze fra le tante forze in campo (curdi, turchi, ribelli, russi, americani, iraniani) non fanno prevedere nulla di buono per il futuro. Una volta sconfitto militarmente l’ISIS passerà agli attentati, cosa che in realtà sta già facendo. Mentre la Siria, ufficialmente o no, sarà spartita in zone d’influenza.
Nonostante le sue grosse responsabilità il presidente Bashar al-Assad è ancora al suo posto. Le atrocità, i massacri, le ripetute violazioni dei diritti umani non sono state sufficienti a produrre un cambio di governo. Ha vinto l’impunità. Siamo in una fase delle relazioni internazionali dove una guerra come quella siriana, nonostante i tantissimi interessi contrapposti, non ha prodotto un conflitto su scala mondiale e nemmeno regionale. Stesso motivo per il quale è impossibile trovare una via d’uscita.