La Polonia va a destra.
Il voto di domenica ha dato una maggioranza solida al partito nazional-conservatore Prawo i Sprawiedliwość (“Diritto e Giustizia), che ha conquistato secondo i primi exit-polls 242 dei 460 seggi della Camera Bassa, staccando i rivali di Platforma Obywatelska (“Piattaforma civica”), attualmente al governo.
La candidata di “Diritto e Giustizia”, Beata Szydlo, sarà la prossima primo ministro. Il suo partito, fortemente euroscettico e anti-immigrazione, punta alla realizzazione di un programma basato sul welfare per le famiglie e i valori cristiani.
La Polonia è solo l’ultimo Paese dell’Europa orientale che mostra l’ascesa di formazioni politiche di destra populistica ed antieuropea. Quali sono le cause? Quale può essere il futuro di questi gruppi? Come possono influenzare la politica europea?
Danilo De Biasio lo ha chiesto a Yves Méni, studioso di istituzioni pubbliche europee. Secondo Mény, molti Paesi dell’Est-Europa hanno conosciuto il tramonto dei partiti tradizionali, senza però che questi siano sostituiti fa forze politiche stabili e organizzate. Ciò produce instabilità politica, accentuata da una storia di adesione all’Europa ancora molto giovane. Mény ritiene che “l’esercizio del potere reale è però una prova alla quale i partiti populisti non sapranno sopravvivere”. La loro ascesa – “per quanto spiacevole” – ha comunque un merito: “metterci di fronte alla debolezza dei nostri sistemi democratici”.