Il 14 febbraio le Nazioni Unite dedicano San Valentino a una iniziativa originale chiamata “I don’t“ (No, non lo voglio) per sensibilizzare sul fenomeno dei matrimoni precoci o delle “spose bambine”, una violazione dei diritti umani e dell’infanzia in particolare.
Il fenomeno riguarda soprattutto le bambine (82%) ma anche i bambini (18%). Si stima che una bambina ogni tre nel mondo povero sia stata sposata prima dei 18 anni, una ogni nove prima dei 15. Nel solo 2015 13 milioni di bambini e bambine sono state sposate prima dei 18 anni e 4,4 milioni prima dei 15. L’età 18 non deve trarre in inganno è di solito la soglia di età legale, ma il fenomeno è molto concentrato nelle età 13-16.
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Esteri ha intervistato Patrizia Farina, docente di demografia dei paesi poveri, Dipartimento di sociologia e ricerca sociale, all’Università Bicocca di Milano.
Dove sono più frequenti i matrimoni precoci combinati?
“E’ un fenomeno che avviene ovunque nel mondo – indipendentemente da cultura e religione. Avviene anche nei paesi ricchi, ma è più comune in quelli economicamente arretrati perché la pratica è perpetuata da un mix tossico di povertà e ineguaglianza di genere. Ad esempio il 10% dei matrimoni è precoce in Europa orientale e in Asia centrale, il 19% negli Stati arabi, fino a raggiungere il 43% in alcuni paesi africani”.
Perché questa pratica è così diffusa?
“Spesso è la sola opzione dei genitori che pensano al matrimonio dei loro piccoli come modo di assicurare cibo soprattutto in momenti di crisi. Per esempio tra i rifugiati siriani in Libano i matrimoni precoci sono quadruplicati (Fonte: Indagine Onu 2016). In altri casi la famiglia ottiene benefici di natura monetaria o di status e comunque mandare via da casa un minore significa avere meno costi in seno alla famiglia. Non è secondario infine il fatto che tanto più è giovane la figlia tanto più sicura è la sua verginità”.
Quali sono le conseguenze sulle spose bambine?
“Il matrimonio delle bambine minaccia gravemente la loro salute e le prospettive della loro vita. Le induce a gravidanze e parti precoci che è noto sono correlati alla mortalità materna e alla mortalità infantile dei loro figli. L’abbandono scolastico – il 60% delle spose bambine non ha avuto una istruzione formale – toglie loro risorse, autonomia e la parola nelle decisioni esponendole più spesso agli abusi e alla violenza”.
Come si interviene per contrastare il fenomeno?
“Molti Stati in questi anni hanno promulgato leggi che consentono il matrimonio delle giovani e dei giovani solo dai 18 anni, ma si eludono formalizzando l’unione in ritardo. E poi le leggi religiose spesso condonano i matrimoni con le bambine. Dunque la legge non basta e in effetti le iniziative più efficaci sono quelle che vengono dal basso che possiamo definire di due tipi: sensibilizzazione e protezione. Del primo fa parte ad esempio la campagna indiana del “puntino bianco”. Per iniziativa di una associazione femminile è stato chiesto alle donne di mettersi un bollino in mezzo alla fronte (di solito è rosso) come forma di sensibilizzazione dell’opinione pubblica contro i matrimoni delle bambine (più del 40% in India). L’iniziativa è stata virale e ovunque si sono visti puntini bianchi sulle strade, alle sfilate di moda…
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D’altra parte sono attivi programmi specifici delle Nazioni Unite volti a far conoscere alle bambine stesse il loro diritto a una vita dignitosa, all’istruzione e alla salute, a vivere libere da abusi e coercizione e alla libertà di scelta del partner. Dove sono stati realizzati questi programmi di informazione – attualmente in 12 paesi – le bambine hanno difeso la loro libertà e spesso sono diventate promotrici del cambiamento”.
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