In Kenya resta aperto il campo profughi di Dadaab, il più grande al mondo. L’Alta Corte del Paese, infatti, ha deciso che chiuderlo e rimpatriare 260mila profughi somali sarebbe un atto persecutorio nei loro confronti. Rischierebbero la vita, se fossero costretti a tornare in Somalia.
Il governo di Nairobi aveva deciso nel maggio scorso di chiudere il campo. Poi lo smantellamento di Dadaab era stato rinviato di un anno. Ma ora anche la data di maggio 2017 non potrà essere rispettata, per ordine dei giudici.
Il campo di Dadaab fu allestito nel 1991 per ospitare le famiglie in fuga dalla guerra civile in Somalia. Da allora si è sempre ingrossato fino a comprendere cinque diversi agglomerati di tende e baracche.
Per i gruppi armati è stato facile mischiarsi ai profughi. Secondo le autorità del Kenya diversi attentati del gruppo Al Shebab sono stati pianificati proprio nel campo.
Eppure i profughi che abitano a Dadaab non ne hanno nessuna colpa: non è giusto che siano loro a pagare, hanno stabilito i giudici keniani. La vicenda fa pensare agli Stati Uniti e alla battaglia legale in corso sul bando di Trump, che colpisce indiscriminatamente i cittadini di sette Paesi musulmani.
Secondo il giudice keniano John Mativo, autore della sentenza, i profughi che vivono a Dadaab avrebbero dovuto essere ascoltati dal governo, prima della decisione di chiudere il campo. Non farlo è stata una violazione del diritto a un giusto procedimento legale, previsto dalla costituzione del Kenya.
Il giudice ha aggiunto che l’ordine di chiudere Dadaab è discriminatorio e viola i trattati internazionali che proteggono i rifugiati, i quali non possono forzati a tornare nel luogo dove sono perseguitati. In questo caso il governo keniano non ha fornito prove che la Somalia sia tornata un Paese sicuro.
Ma allora che fare di Dadaab? Non è pensabile neppure mantenere decine di migliaia di persone in una situazione così precaria. Secondo Amnesty International gli sforzi dovrebbero andare in due direzioni: cercare di integrare parte dei rifugiati nelle comunità locali in Kenya e sistemarne una parte all’estero.
In ogni caso il governo keniano non può lavarsene le mani: l’Alta Corte ha annullato anche la sua recente decisione di smantellare il Dipartimento per i rifugiati. Mentre non convincono gli accordi stipulati con le autorità somale per il rientro di una parte dei rifugiati.