Nel giorno del funerale dell’ex presidente iraniano Rafsanjani, la polizia era ovunque, in uniforme e in borghese anche sui tetti degli edifici. Per le strade di Teheran, gli agenti anti-sommossa. Telecamere qui e là.
Terminata la preghiera per i morti, dalla folla sono partiti gli slogan: “Oh Hossein! Mir Hossein!”. Un’invocazione. Cadenzata, come una preghiera. Una curiosa alternanza tra il nome del terzo imam dello sciismo, Hossein, e il nome di uno dei leader del movimento verde Mir Hossein Mussavi, agli arresti domiciliari dal 14 febbraio 2011 insieme alla moglie Zahra Rahnavard e al religioso Mehdi Karrubi.
Con lo slogan “Oh Hossein! Mir Hossein!” le telecamere della tv di Stato hanno smesso di filmare, ma la cantilena – ripresa dagli smartphone – è rimbalzata sui social. Il funerale di Rafsanjani è stato così un pretesto – per i riformatori – per chiedere la liberazione dei tre leader del movimento verde d’opposizione.
Nel 2009 Rafsanjani aveva preso le parti del movimento verde e aveva pagato questa scelta finendo sotto la scure del censore: non aveva più potuto guidare la preghiera del venerdì e non aveva più potuto parlare sulla televisione di Stato. E due dei suoi figli, Mehdi e la femminista Faezeh sono finiti in carcere con l’accusa di sedizione.
Il messaggio che oggi tanti iraniani hanno fatto sentire alla leadership della Repubblica islamica è che il movimento verde non è finito con la repressione. Il fuoco cova, sotto le ceneri.