Zygmunt Bauman, nella sua lunga vita di studio e pensiero, ha scritto più di cinquanta libri. Gran parte della sua riflessione, che scrivesse di Olocausto o di globalizzazione, ruotava però spesso attorno a uno stesso problema filosofico ed esistenziale. E cioè come gli esseri umani possano creare una società più giusta, umana, attraverso scelte etiche sensate e ragionevoli.
In Modernità e Olocausto, uno dei suoi libri più importanti, Bauman si opponeva alla teoria che l’Olocausto fosse o un episodio della millenaria storia dell’antisemitismo o un’improvvisa, devastante deviazione dalla via maestra della civiltà. Per Baumann l’Olocausto era invece proprio il prodotto della modernità, dei suoi pilastri, industrializzazione e razionalità burocratica.
Ma il nome di Bauman è probabilmente legato soprattutto al concetto di modernità liquida, che lui elabora alla fine del secolo scorso e che oggi più che mai, nell’età dei populismi, acquista una straordinaria forza ed evidenza. La modernità liquida, per Bauman, era quella che lascia i singoli, gli individui, sempre più senza radici, senza legami; sempre più deboli e soggetti alle tempeste e incertezze della storia.