Autosospeso Sala, sospesa la città che attende di capire gli effetti questa clamorosa decisione.
La notizia esce ieri sera dopo le 22: Beppe Sala indagato per concorso in falso ideologico e falso materiale nell’inchiesta sull’appalto più importante di Expo 2015, quello per la costruzione della Piastra, l’ossatura su cui si è retta l’Esposizione Universale, e che ora rischia di franare rovinosamente.
Sala, un’ora più tardi, dice non sapere nulla di questa indagine. Non avrebbe quindi ricevuto alcun avviso di garanzia. Dice di aver appreso tutto da fonti giornalistiche e di non conoscere l’ipotesi investigativa. Tra poche ore andrà dal prefetto di Milano per autosospendersi.
Cosa succederà? Il prefetto dovrebbe prendere atto di questa decisione. Quanto tempo durerà questa sospensione lo sapremo solo tra qualche ora.
Sappiamo che l’inchiesta da cui nasce l’indagine su Sala è stata prorogata dalla Procura Generale, e non dalla Procura della Repubblica di Milano che chiedeva invece l’archiviazione, e a questo punto si apre anche una clamorosa divergenza di vedute tra i due organi della magistratura. L’inchiesta è stata prorogata per sei mesi. Quindi, al momento, l’unico limite temporale che abbiamo è questo: sei mesi.
Un’inchiesta che nasce quattro anni fa, ottobre 2012, dall’allora procuratore aggiunto Alfredo Robledo. Finirà poi al centro dello scontro tra Robledo stesso e il suo capo Edmondo Bruti Liberati, che poi tolse il fascicolo a Robledo e congelò le indagini nei sei mesi di Expo.
Perché Expo andava fatta, il primo maggio 2015 doveva essere inaugurata. Non come altre opere pubbliche, in cui il ritardo è sistemico. Con Expo la gestione emergenziale è diventata normalità. È questo l’elemento che determina e condiziona tutta questa vicenda. Fare, fare in fretta, dopo aver perso anni in piccole beghe di potere, a costo di forzare le regole. Expo è stata costruita derogando 82 norme del codice degli appalti pubblici, la metà dei lavori sono stati affidati senza gara. Alcuni dei fedelissimi di Sala, allora commissario e amministratore delegato, sono stati arrestati. Ma fino a ieri sera Sala era rimasto fuori dalle inchieste, con l’eccezione dell’indagine lampo, subito archiviata, dell’appalto per la ristorazione assegnato a Eataly senza gara.
Il comportamento di Sala nella gara sulla Piastra -270 milioni di lavori vinti dal gruppo Mantovani col ribasso record del 42%- in una nota della guardia di finanza del 2014 veniva definito “non irreprensibile e lineare”.
Pur “con gradi di responsabilità diversi – scriveva la Guardia di Finanza – attraverso le loro condotte fattive ed omissive hanno comunque contribuito a concretizzare la strategia volta a danneggiare indebitamente la Mantovani per tutelare e garantire, più che la società Expo il loro personale ruolo all’interno della stessa”. Sala, poi, come ha messo a verbale l’ex dg di Infrastrutture Lombarde Spa Antonio Rognoni, avrebbe detto al manager che “non avevano tempo per potere” verificare la congruità dei “prezzi che erano stati stabiliti da Mantovani” nel corso dell’esecuzione del contratto con l’inserimento di costi aggiuntivi, e “per verificare se l’offerta era anomala o meno”. Insomma, i lavori erano in ritardo e non c’era tempo per fare ulteriori verifiche su quel ribasso record del 42%. Decisioni che Sala prendeva in quanto rappresentante della società Expo e del governo, in quanto commissario. Le richieste di Rognoni di ulteriori verifiche, si scoprirà poi, erano per far cercare di far assegnare l’appalto a Impregilo, seconda classificata.
La Piastra era finita anche al centro di una impietosa indagine di audit interna, affidata a due società di consulenza, che rilevarono quindici anomalie nella gestione di quella gara. Probabilmente è in queste anomalie che la Procura Generale vuole vederci chiaro.
Una indagine che ne potrebbe aprire altre. C’è una vicenda in particolare con ancora molti punti da chiarire, quella sui costi gonfiati delle bonifiche dell’area Expo.