Roberto Speranza entra in Transatlantico e si ferma in mezzo al corridoio a discutere con Guglielmo Epifani. Nico Stumpo si aggrega, poi è la volta di Zoggia. Il gruppo si allarga ancora quando arrivano due deputati di Sinistra Italiana, tra loro il mitico Ciccio Ferrara. Passa il vicesegretario del Pd, Lorenzo Guerini: “salutiamo la Linke”.
Pochi minuti prima Speranza aveva detto che il Jobs Act deve essere cambiato. A Radio Popolare precisa: “bisogna abolire i voucher, non possiamo lasciare questo argomento nelle mani di Salvini”.
Il nuovo capitolo dello scontro dentro al Partito Democratico sono i referendum proposti dalla Cgil. La notizia che la Cassazione deciderà l’11 gennaio sulla loro ammissibilità crea fibrillazione. I bersaniani piantano un paletto. Le parole di Speranza significano: “quella battaglia è nostra”.
I renziani sono preoccupati. Vedono solo due alternative: cambiare la legge sul lavoro oppure il voto anticipato. “Ma come facciamo a cambiare la legge?” ragiona uno di loro. Farlo, significherebbe sconfessare un’altra riforma del Governo. Poi davvero resterebbe poco dei mille giorni. Per questo i referendum futuri rafforzano la posizione dei falchi che ancora oggi, faccia a faccia, ripetevano: “voto subito”.
Subito significa Aprile, Maggio al massimo. Ma preferibilmente Aprile. Il ministro Poletti, con il suo auspicio pubblico di uno slittamento dei referendum causa elezioni, ha solo rappresentato il pensiero dell’ala renziana oltranzista.
Se la Cassazione ammetterà i referendum, la finestra per la consultazione andrebbe dal 15 Aprile al 15 Giugno. Se le Camere venissero sciolte prima, i referendum verrebbero posticipati di un anno.
“Dobbiamo consultare gli avvocati ma è così” affermano fonti della maggioranza Pd. Questa volta concorda Sinistra Italiana: “lo scenario è quello”.
L’altro motivo dei capannelli tra esponenti del Pd nei corridoi di Montecitorio sono le regole del congresso. Le minoranze non si fidano. Epifani, che del Pd è stato segretario di transizione tra la fine dell’era Bersani e l’inizio di quella Renzi dopo essere stato segretario della Cgil, è molto presente e molto attivo. Zoggia incalza Guerini per interminabili minuti.
“Questa volta non vogliamo le primarie, vogliano un congresso con le tessere e con una opportuna preparazione sul territorio”. Temono il blitz, hanno paura che Renzi tenti di approfittare della confusione, del nuovo fattore referendum e del loro bisogno di tempo per organizzarsi, per forzare i tempi, magari presentandosi dimissionario domenica prossima all’Hotel Ergife di Roma dove si terrà l’assemblea nazionale del partito