Al voto si può andare subito, appena dopo la sentenza della Corte Costituzionale sull’Italicum, senza neanche bisogno di intervenire con una legge in Parlamento. Se non fosse così, nessuna sola responsabilità del Pd in un governo di unità nazionale, che deve affrontare non solo la legge elettorale, ma anche alcuni appuntamenti importanti di politica estera ed economica, a cominciare dal G7. Tutti dentro in un governo di tutti, nessuno fuori a buttare la croce su chi lo guida.
Questo è l’orientamento di Renzi per la prima fase di questa crisi di governo che si è aperta ieri alle 20, con l’annuncio delle consultazioni previste per stasera alle 18. Una crisi che forse potrebbe essere lunga, e non fermarsi al primo incarico esplorativo di Mattarella.
Renzi intanto ha affrontato la direzione Pd, ma solo per una comunicazione sui prossimi passi. Il confronto con il partito sarà duro, molto duro, ha detto, ma avverrà dopo. La minoranza è rimasta ad ascoltare ma senza poter ribattere.
Si apre una crisi di governo dagli esiti incerti, che Renzi vorrebbe gestire ma stando per ora un po’ nell’ombra: alla direzione ha detto che non andrà alle consultazioni come segretario del partito, e stranamente non ci sarà per i Cinque stelle nemmeno Grillo, come invece avvenne anni fa.
La linea di Renzi sul voto subito se non ci fosse un governo di tutti è stata condita di attacchi e rilanci, dal sapore già elettorale. Ha rivendicato ciò che ha fatto, la bontà delle riforme, compresa quella istituzionale, e poi uno slogan riassuntivo dei suoi anni a Palazzo Chigi: meno tasse e più diritti. Già intravede una campagna elettorale alle porte, e ne ha anche per la minoranza che ha votato No e ha festeggiato brindando: “C’è chi non ha stile né eleganza, come il coraggio di Don Abbondio”.