“L’esperienza del mio governo finisce qui. Volevo tagliare le poltrone, ma a saltare è stata proprio la mia”.
Renzi è inequivocabile nella volontà di lasciare Palazzo Chigi. Lascia la guida del Governo, ma non quella del Partito Democratico.
I risultati sono netti e oggi Mattarella si ritroverà un Presidente del Consiglio dimissionario che non ha nessuna intenzione di tornare in Parlamento a chiedere una nuova fiducia. “Vado via senza rimorsi, io non sono come gli altri politici, ammetto la sconfitta, saluterò il mio successore chiunque sarà”.
E soprattutto non vuole gestire in prima persona le trattative per una nuova legge elettorale, perlomeno non da capo di governo, per non logorare la sua immagine politica. Ad altri dice onori ed oneri.
Oggi quindi dopo il Consiglio dei ministri andrà dal Capo dello Stato a rassegnare le dimissioni.
A quel punto Mattarella ha diverse strade da seguire: chiedere a Renzi di rimanere in carica e presentarsi alle Camere per un nuovo voto di fiducia, che sembra una possibilità remota visto il suo discorso, accettare le dimissioni e iniziare nuove consultazioni per un nuovo governo. E terza possibilità decidere di sciogliere le Camere e andare alle elezioni.
Questa terza ipotesi è improbabile perché si andrebbe al voto con due leggi elettorali diverse, l’italicum alla Camera dei Deputati, con un premio di maggioranza enorme, il cosiddetto consultellum al Senato, ovvero una sorta di proporzionale, e un Senato spaccato in più parti. Rimane un governo tecnico o di scopo, quest’ultimo avrebbe per l’appunto l’obiettivo di riformare la legge elettorale e tornare al voto.
Ciò che è certo è che dopo mille giorni dopo la caduta del governo Letta, si apre oggi una nuova crisi di governo dagli esiti incerti.