Gli hosting providers dovevano rimuovere le pagine su cui comparivano i video di Tiziana Cantone. Napoli – Facebook 1 a 0. La procura nord del capoluogo campano ha rigettato in parte il reclamo del Social Network che voleva a tutti i costi difendersi dall’accusa di non aver rimosso i video della trentunenne che lo scorso 12 settembre si è suicidata dopo la diffusione virale sul web di alcune sue immagini a sfondo sessuale.
“Quest’ordinanza afferma un principio molto importante – ha spiegato Andrea Orefice, avvocato della madre di Tiziana – e cioè che gli hosting providers non sono esonerati dall’obbligo di rimuovere contenuti illeciti, anche se non è intervenuto un provvedimento da parte dell’autorità”.
In aula i legali del colosso del web sostenevano, invece, che solo dopo l’adozione di una disposizione ufficiale sarebbe scattato l’obbligo di rimuovere tutto i link a quei contenuti per cui Tiziana non aveva dato alcun consenso.
Anche in linea generale, comunque, fino ad oggi Facebook ha sempre sostenuto di procedere con le cancellazioni solo su richiesta, appunto di Garante della Privacy o dell’Autorità giudiziaria. “Il giudice, oggi, ha affermato un principio ineccepibile – ha sottolineato Orefice – secondo cui l’obbligo di rimozione insorge nel momento esatto in cui se ne accorge un qualsiasi altro cittadino o arriva la segnalazione da parte del diretto interessato.
E Tiziana lo aveva fatto: poco dopo la diffusione del materiale che la riguardava aveva segnalato a Facebook che quei contenuti la offendevano e che non aveva autorizzato nessuno a creare quelle pagine. Adesso i link non ci sono più, ma il giudice ha affermato che anche per il futuro Facebook è obbligato a vietare che quelle pagine ricompaiano.
Soddisfatta la madre della giovane donna che, proprio in seguito alla diffusione di quei video, aveva subìtoo insulti e mortificazioni. Lo stato di tensione e stress l’aveva portata a quella depressione che alla fine l’ha uccisa. Tiziana, infatti, si è impiccata nel garage di una casa a Mugnano, stanca di subire e convinta che quell’incubo non sarebbe mai finito.
La sentenza di oggi, di fatti, non mette un punto alla vicenda, anche perché sempre stamattina la Procura di Napoli ha, invece, chiesto l’archiviazione per i 4 che nell’esposto presentato nel 2015 Tiziana aveva inizialmente identificato come i detentori di quei video poi diffusi.
Eppure la decisione del tribunale nord chiarisce alcune cose: Facebook non ha l’obbligo di verifica prevedentiva, cioè, c’è sempre bisogno di qualcuno che denunci, ma basta una sola segnalazione affinché il provider verifichi ed eventualmente cancelli.
E questo accorda una tutela importante, anche se potrebbe non essere sufficiente. “Adesso chiediamo a Facebook di comunicarci i nomi di coloro che hanno creato le pagine su Tiziana e sarà tenuto a farlo – chiarisce l’avvocato – in osservanza del decreto legge 70/20003”.
Questa comunicazione potrebbe rappresentare un altro importante passaggio. Il tema dell’identificazione dell’utente che accede ai servizi di Facebook – ha detto ancora Andrea Orefice – ci offre la possibilità di individuare i responsabili. Se ci fosse un controllo maggiore, si potrebbero combattere molti casi come quello di Tiziana Cantone.