Ne parla anche il governativo China Daily: si tratta quindi di uno di quei problemi che anche le autorità cinesi ritengono vadano messi all’ordine del giorno affinché siano risolti.
Stiamo parlando dei “bambini satellite”, cioè di quei minori figli di cinesi all’estero che vengono rimpatriati e affidati alle cure dei nonni o di altri parenti, per un motivo molto semplice: i genitori sono oberati di lavoro e non possono averne cura.
Il China Daily parla soprattutto dei sino-americani della Chinatown di Boston dove nella maggior parte dei casi i bambini sono rispediti in Cina in tenerissima età per poi tornare dai genitori espatriati dopo anni trascorsi con nonni e zii. A quel punto, i ragazzi hanno già sofferto il trauma di due separazioni: quella iniziale dai genitori e quella successiva dai parenti che si sono presi cura di loro negli anni di prima formazione.
Una ricerca di una Ong nata ad hoc, la Chinese-American Planning Council, mostra che quando i bambini si riuniscono con i genitori negli Stati Uniti dopo la separazione prolungata vivono uno stato di profonda confusione: mancano loro i parenti che ne hanno avuto cura in Cina, non si adeguano alle regole di genitori che hanno uno stile diverso rispetto agli parenti, non si adattano agli altri fratelli cresciuti in America, se ci sono, e alle diverse abitudini alimentari, alla lingua e al tipo di istruzione. Nei peggiori casi, il senso di straniamento è all’origine di istinti suicidi.
Le famiglie di questi ragazzi non sono i sino-americani di lunga data, quelli totalmente integrati nella realtà locale, bensì spesso i figli di giovani coppie arrivate da poco, a basso reddito, che lavorano con orari prolungati nei ristoranti, nei saloni di bellezza, nei negozi di alimentari, nelle tintorie e negli alberghi delle Chinatown, facendo lavori che nessuno vuole, e tuttavia non possono accedere ai servizi base in quanto stranieri.
Dietro al problema dell’infanzia si nascondono quindi questioni di diseguaglianza sociale e di immigrazione. Il governo cinese, nel parlare del problema, sembra voler comunicare che ha a cuore il destino dei connazionali, anche quelli che scelgono di vivere all’estero. Anche questo fa parte di quel messaggio di potenza benevola e responsabile su scala globale che Pechino vuole sempre più diffondere nel mondo, ma soprattutto tra i cinesi stessi.