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I pirati al potere?

Oggi ci sono le elezioni in Islanda. Normalmente quello che succede in quel piccolo paese non attira la nostra attenzione, ma in questo momento in Islanda succedono cose simili a quelle che stiamo osservando in altri paesi europei. A partire dalla crescita dei movimenti anti-sistema. Infatti il favorito alle elezioni di domani è il Partito dei Pirati.

La crisi economica, la sua gestione ambigua da parte della tradizionale classe politica, la grande voglia di cambiamento e di trasparenza da parte della popolazione potrebbero però provocare un vero terremoto istituzionale in un paese che conta poco più di 300mila abitanti.

Nel 2008 la crisi portò al fallimento delle tre principali banche islandesi, che avevano investito in titoli tossici in giro per il mondo. Da allora le cose sono cambiate. L’economia si è allontanata dal mondo della finanza. Ma la trasformazione non è ancora finita.

Ci siamo fatti raccontare quello che sta succedendo in Islanda da Paul Fontaine, della rivista islandese Reykjavìk Grapevine.

Da dove arriva il Partito dei Pirati?

Il Partito dei Pirati arriva dalla crisi finanziaria del 2008. In quel periodo, mentre ci interrogavamo su come fosse stato possibile quel tracollo e su come avremmo potuto evitarne uno nuovo, una delle idee che venne fuori con una certa insistenza era la necessità di cambiare lo stesso sistema, non solo le leggi, non solo le regole, ma proprio il nostro sistema politico e istituzionale.

Questo ovviamente richiedeva una riforma della costituzione. La bozza della nuova costituzione islandese attirò l’attenzione internazionale ma sfortunatamente morì in parlamento, era il 2012. Ma la maggior parte degli islandesi vuole ancora una nuova costituzione e questo è il primo punto nel programma del Partito dei Pirati. E questo gli ha garantito molte simpatie. Ma c’è anche un altro elemento: come in molti altri paesi, dall’Europa agli Stati Uniti, è chiaro come la gente si sia stufata della solita classe politica, sia di destra che di sinistra. Ecco, anche in Islanda c’è un forte sentimento anti-sistema, e da lì arriva un’altra porzione importante del supporto al Partito dei Pirati.

Quindi nei prossimi anni in Islanda ci potrebbe essere una specie di rivoluzione istituzionale, comunque un cambiamento radicale?

Forse sì, forse ci sarà un cambiamento importante. Ma bisogna ricordare che il Partito dei Pirati non è un partito radicale. Sono riformisti. In Islanda i radicali non partecipano alla vita istituzionale. In ogni caso le riforme che propongono sono riforme importanti, che rappresenterebbero un forte cambiamento, non solo per quanto riguarda la costituzione. Ci sarebbe una spinta verso la democrazia diretta: per esempio il 5 o il 10% della popolazione avrà il diritto di sottoporre a referendum una determinata questione. E poi l’Islanda potrebbe diventare il paese che garantisce asilo e protezione agli informatori, alle talpe, alle gole profonde. Il Partito dei Pirati ha sempre detto che vorrebbe portare qui Edward Snowden.

Il nostro paese potrebbe quindi diventare una specie di paradiso per gli informatori di tutto il mondo. Dal settore della difesa, oppure da quello delle grandi multinazionali, anche dai servizi segreti.Questo potrebbe avere conseguenze sulla politica estera europea. L’Islanda è un paese NATO, ma se dovesse ospitare un informatore come Snowden la sua posizione sarebbe sicuramente messa in discussione dai suoi stessi alleati.

Paul Fontaine, prima parlava della crisi del 2008, con il crollo delle tre principali banche islandesi. Da questo punto di vista cosa ci dobbiamo aspettare? Che cosa faranno gli investitori stranieri di fronte a un cambiamento politico radicale? Che percezione avete lì a Reykjavik?

Prima di tutte le elezioni islandesi gli investitori sono molto cauti, prudenti. E immagino sia così in tutto il mondo. Prima di mettere dei soldi in un progetto aspettano di capire i piani del nuovo governo. Ma io credo che a prescindere dal colore del nuovo governo i ricchi saranno sempre ricchi, gli investitori continueranno a investire, il capitalismo continuerà a essere il nostro sistema economico di riferimento.

Non credo si debbano aspettare grossi scossoni da questo punto di vista. Non ci saranno scossoni per il sistema finanziario. Di sicuro le banche saranno sottoposte a una maggiore vigilanza. Il Partito dei Pirati punta molto sulla trasparenza di tutto il sistema. Le autorità di controllo avranno probabilmente più poteri, per controllare le attività interne degli istituti di credito.

  • Autore articolo
    Emanuele Valenti
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    "Lonely Are All Bridges. Birgit Jurgenssen e Cinzia Ruggeri" è il titolo della mostra aperta al pubblico da oggi negli spazi di Fondazione ICA a Milano in via Orobia 26, fino al 15 marzo. La Fondazione ICA Milano ha inaugurato così la programmazione espositiva del 2025 con un progetto espositivo bipersonale, con la eccezionale curatela dell’artista Maurizio Cattelan e Marta Papini. La mostra celebra il lavoro di due artiste iconiche, Birgit Jürgenssen (Vienna, 1949 – 2003) e Cinzia Ruggeri (Milano, 1942 – 2019), mai incontratesi di persona, ma idealmente in dialogo attraverso le loro opere, visioni e riflessioni. Il titolo della mostra è tratto da un verso della poetessa austriaca Ingeborg Bachmann, “lonely are all bridges”, che sintetizza lo spirito sperimentale di due artiste il cui lavoro si spinge oltre le convenzioni, sfida i confini tra arti e costruisce ponti in grado di attraversare discipline differenti, trasformando il quotidiano in un racconto dalla forte dimensione critica. Oggi a Cult, Ira Rubini ne ha parlato con Manuela Accinno.

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