“Pci sezione Regola Campitelli Guido Rattoppatore”, è la targa in marmo della storica sezione del Partito Democratico in via dei Giubbonari a Roma.
Dopo 70 anni sta per chiudere i battenti, a novembre dovranno lasciare i due locali pieni di storia e di ricordi e trovarsi un altro posto. Problemi di debiti non saldati e di contratti di locazione mai rinnovati. “Certo se per ogni fotografia che fanno alla targa avessimo chiesto un euro a quest’ora non avremmo più debiti”, dice qualche tesserato del partito che frequenta la sezione.
E frequentare è proprio il verbo giusto, la sezione è sempre aperta, qui si riuniscono più o meno ogni settimana, qui è passata tanta storia, tanti cambiamenti e non solo del nome del partito, (Pci, Pds, Ds, Pd), qui si litiga, si rompono amicizie, si fanno tessere e si restituiscono perché non ci si riconosce più nella linea, ci vanno i renziani e i non renziani.
E per tutti ora è un po’ un dolore, a cominciare da quella targa, un simbolo ormai, che riporta il nome di Guido Rattoppatore, operaio e partigiano ucciso dai nazifascisti a Forte Bravetta nel ‘44. Insieme al suo nome c’è anche il simbolo della Falce e Martello e le bacheche dove si legge “L’Unità”. “Quella targa non la lasciamo qui, ce la portiamo via”, hanno chiesto tutti i militanti nell’ultima assemblea prima di chiudere le porte: l’intenzione è quella di riaprire un’altra sede dalle parti di Campo dei Fiori.
Via Dei Giubbonari è una strada stretta che da Largo di Torre Argentina porta a Campo dei Fiori, tanti negozi, soprattutto di abbigliamento, “speriamo che qui non apra un negozio di jeans”: Prima di essere ceduta dal Comune al Pci nel 1947, questi due locali erano stati la casa del Fascio, come è accaduto in altre zone di Roma, ad esempio la Villetta a Garbatella, che nella divisione dei beni tra Pd e Sel, è finita a quest’ultima, compresa la fotografia di Pasolini che andò lì proprio a presentare “Mamma Roma”.
Nei due locali in via dei Giubbonari tante fotografie: Berlinguer, Gramsci, ma anche quella di Aldo Moro, dote della Margherita, quando nacque il Partito Democratico. Qui si sono iscritti o sono venuti a fare delle assemblee nomi storici del partito: era iscritto Pajetta, Napolitano, Occhetto prese le prima tessera Pds nel 1991, Bersani volle festeggiare in questa sede la caduta del Governo Berlusconi e tanti altri. Pure Berlusconi un giorno di passaggio, vinto dalla curiosità o dallo spirito di provocazione, entrò. Si ritrovò dei militanti un pò stupiti, uno di loro non volle dargli la mano, e l’altro per rompere l’imbarazzo, buttò lì: “sa, è juventino!”.
Ora deve chiudere. Colpa dei debiti, ma soprattutto di colpevoli negligenze burocratiche che si sono perpetuate nel tempo: il Consiglio di Stato ha imposto lo sfratto dopo aver sancito che il contratto di locazione era scaduto dal 1947, dopo il primo anno non era stato più rinnovato. Il partito pagava una cifra piuttosto minima e nel tempo il debito era arrivato a 170mila euro. Una parte di questo debito è stato corrisposto, ma ormai la decisione di chiudere è stata presa. L’anno scorso, dopo lo scandalo Affittopoli, il sindaco Marino aveva deciso di assegnare un nuovo bando per circa 250 circoli o associazioni culturali fuori dalle regole. Nel frattempo era arrivata anche la “mappatura” effettuata da Fabrizio Barca di tutti i circoli romani: la sezione di via dei Giubbonari si era salvata, non era quella con un segno nero, da chiudere, come quella di Testaccio.
E ora tocca alla sindaca Raggi riprendersi le chiavi della sede storica del Pd, a lei eventualmente dovranno rivolgersi il commissario Orfini e gli altri militanti per capire se ci sono margini per riaprire negli stessi locali con un nuovo bando di locazione.
In questi giorni a rassicurare i militanti, a rilasciare interviste, a parlare con le persone che entrano c’è Giulia Ursa, la segretaria della sezione. “Quasi non riesco a crederci”, dice. Sentiamola:
segretaria-sezione-pd-giubbonari
Un luogo per incontrarsi e discutere dei “temi caldi” della politica. Molti anziani, ex partigiani, ma anche quarantenni. Un militante del Pd, Fabrizio Barboni, nel primo pomeriggio è in sezione, seduto al computer con la schermata della bandiera della pace. Accoglie le persone del quartiere, ma anche altri, che entrano per chiedere che succede ora. Sentiamo: