“Me lo aspettavo, perché fin dall’inizio si sapeva che Hashi Omar Hassan era il classico capro espiatorio. Sapevamo dal 2004 che l’unico testimone d’accusa era un testimone falso”.
Mariangela Gritta Grainer – già Presidente dell’Associazione Ilaria Alpi – non è sorpresa per la sentenza della Corte d’appello di Perugia che ha assolto il somalo dichiarato colpevole per l’omicidio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin. Hassan ha trascorso in cercere – da innocente – 17 anni di carcere sui 26 a cui era stato condannato, ma oggi finalmente è libero.
La Corte ha riconosciuto ciò che gli avvocati della famiglia Alpi ripetevano da tempo e che era emerso da un’inchiesta giornalistica: il testimone che accusava Hassan aveva dichiarato il falso. Era stato pagato per farlo e lo aveva ammesso.
“Sono contenta per l’assoluzione di Ashi e anche contenta perché finalmente si riaprirà la ricerca della verità, per fare giustizia sul caso di Ilaria” prosegue Mariangela Gritta Grainer. Che pensa sia possibile una svolta, anche dopo 22 anni dall’omicidio.
“Non solo è possibile, è anche urgente e necessario. Ora c’è questa sentenza, poi c’è tutto il materiale che che è stato desecretato dalla Camera dei Deputati. Grazie a questo materiale, oggi possiamo scoprire non solo chi ha sparato e chi ha ordinato l’omicidio. Possiamo scoprire anche chi ha depistato: chi nel 1997 ha costruito un capro espiatorio. E qui ci sono anche responsabilità che vanno cercate dentro le istituzioni”.
Secondo l’ex deputata il contesto in cui è avvenuto l’omicidio è ormai noto. “Si sanno tante cose. Si sa cosa è successo quel 20 marzo 1994. Si sa che cosa è successo prima. Si sa cosa stava facendo Ilaria Alpi. Si sa che è stata uccisa assieme al suo operatore per le cose che avevano scoperto in Somalia. Si sa che è stata attirata in una trappola al suo ritorno a Mogadiscio da Bosaso e si sa che c’è stata un’omissione di soccorso; lì c’erano ancora militari, servizi segreti, eccetera”.
E’ ormai chiaro che Ilaria e Miran avano scoperto qualcosa di scottante. “Si sa per certo che lei aveva trovato cose grosse rispetto ai traffici di armi e di rifiuti tossici. Si sa che molti bloc notes di Ilaria sono stati rubati, assieme diverse cassette video girate da Miran Hrovatin. Gli esecutori sono senz’altro somali, ma i mandanti possono essere anche europei, non solo somali”.
Mariangela Gritta Grainer pensa che si possa anche arrivare alla verità sul traffico di armi e rifiuti tossici che i due giornalisti della Rai avevano scoperto: “Sicuramente sì, perché c’è un materiale enorme, che si trova anche sul sito web che è stato reso pubblico dalla Camera dei Deputati. Lasciamo state le conclusioni a cui è arrivata la Commissione d’inchiesta presieduta dall’avvocato Taormina: lasciamole stare. Ma il materiale che è stato acquisito dalla quella commissione e che ora è pubblico, contiene un sacco di informazioni che possono far arrivare ai responsabili. E anche la Commissione Ecomafie ha raccolto materiale, ha interrogato testimoni. E quindi è davvero possibile arrivare fino in fondo”.
L’incognita sono i tempi: “Dipendesse da me, lo farei il più rapidamente possibile! Adesso è la Procura di Roma che ha ancora aperto il fascicolo, e quindi deve proseguire nella ricerca della verità. Nelle carte c’è anche troppo. E’ chiaro che io non sono un magistrato e la verità giudiziaria forse è più complessa da raggiungere di quella politica, di quella delle inchieste giornalistiche e di quella che appare. La verità giudiziaria è fatta anche di prove e trovarle spetta alla magistratura. Però – se si vuole – si può trovare” conclude l’ex presidente dell’Associazione Ilaria Alpi.
Ascolta l’intervista a Mariangela Gritta Grainer
Meno ottimista la madre della giornalista. “La verità non l’abbiamo e secondo me non l’avremo mai, perché ormai sono passati quasi 23 anni e il tempo è dalla loro, non è dalla mia parte” ha detto Luciana Alpi dopo la lettura della sentenza. “Sono molto amareggiata e molto depressa: è come se Ilaria e Miran fossero morti per il caldo che faceva a Mogadiscio e questo non va bene”.
E ancora: “Non ho più voglia di essere presa in giro da queste persone perché ci hanno riempito di bugie, di depistaggi e non hanno combinato nulla. Non è grazie alla procura di Roma o grazie a un’altra procura, è grazie alla giornalista Chiara Cazzaniga (di Chi l’ha visto, ndr) che oggi Hasci è libero. Se non ci fosse stata lei Hasci oggi sarebbe ancora in carcere. Questo glielo dobbiamo, anche perché oggi molto spesso si parla male dei giornalisti, ed invece spesso fanno più che il loro dovere”.