Approfondimenti

L’ultimo azzardo di Tavecchio

E’ rivolta della società civile e in particolare del mondo cattolico contro la Federazione Italiana Gioco Calcio (FIGC) che ha accettato come sponsor della Nazionale italiana la società del gioco d’azzardo Intralot.

“La Federazione italiana gioco calcio sciolga l’accordo con la società Intralot che promuove e incentiva l’azzardo – ci dice monsignor Alberto D’Urso, presidente della Consulta Nazionale Antiusura della Cei – Sarebbe un gesto di grande responsabilità verso il Paese, e restituirebbe credibilità al mondo del calcio”.

Le proteste della Consulta, insieme a molte altre associazioni di base contro l’azzardo, hanno per ora costretto la FIGC a una prima, seppur parziale, marcia indietro: il logo è stato tolto dalle maglie azzurre in occaisone della partita di ieri con la Spagna.

Intralot, da maggio, si è fusa con Gamenet dando vita a un colosso che in Italia conta 750 punti scommesse, 60 sale gioco, circa 8.200 videolotterie, 50mila slot machine e una presenza crescente nel mercato online. La raccolta di Intralot-Gamenet è di circa 6,3 miliardi di euro annui e produce ricavi intorno al miliardo di euro.

Parole dure contro l’accordo FIGC – Intralot sono arrivate anche da don Vinicio Albanesi, presidente della Comunità di Capodarco e da don Virginio Colmegna: “Parlano di valori sociali e ci fanno passare questo scempio. Sono degli ipocriti”. E mons. D’Urso riassume così lo sdegno e la preoccupazione: “la ludopatia è in continua crescita e sta rovinando migliaia di famiglie. E ora dobbiamo vedere la Nazionale di calcio italiana che fa pubblicità non al gioco, ma all’azzardo”.

Marco Dotti è docente di Comunicazione all’Università di Pavia. Fa parte della redazione del mensile Vita. Ha studiato a fondo il fenomeno dell’azzardo, su cui ha scritto alcuni libri, tra cui No slot. Anatomia dell’azzardo di massa.

Le proteste sembrano aver spinto Tavecchio e la FIGC a fare marcia indietro. Che ne dice?

Andiamoci piano. Direi che hanno accusato il colpo. Le proteste hanno prodotto un primo, parziale effetto: nella partita di ieri sera a Torino con la Spagna non c’era il logo sulle tute e le maglie dei calciatori e non si sono visti cartelloni pubblicitari di Intralot. Ma non basta: l’accordo con Intralot va stracciato nella sua interezza e ufficialmente. Ha prodotto un vulnus istituzionale, pedagogico e culturale enorme tanto che il Coni, a scanso di equivoci, si è chiamato fuori, poiché il presidente Malagò è persona attenta alla reputazione del sistema nel suo complesso.

Perchè lei contesta l’accordo con Intralot, l’ultimo sponsor della Nazionale?

Perché è un cavallo di Troia che prelude alla radicale trasformazione dello sport in una variabile subordinata al business dell’azzardo. L’azzardo finanziarizzato che sta devastando il nostro Paese punta infatti a colonizzare ogni aspetto della vita sociale. Il passaggio dalla sponsorizzazione di singoli eventi sportivi alla sponsorizzazione diretta della Nazionale, col chiaro intento di farne una parte di questo business, segna un salto qualitativo che non possiamo accettare.

La FIGC ha risposto però alle critiche, come la sua, dicendo che “con l’accordo
 con Intralot abbiamo trovato affinità di valori, con l’intenzione di creare un 
percorso socio-educativo per combattere la ludopatia “.

Singolare che per veicolare i valori dello sport la Federazione Italiana Gioco Calcio si affidi a una multinazionale dell’azzardo, posseduta da un fondo di investimento con sede fiscale chissà dove e che detiene – tra l’altro – 50mila slot machine sparse sul territorio italiano. Diciamo le cose come stanno: i fondi di investimento che possiedono queste società di gambling (gioco d’azzardo, ndr) temono come la peste l’opinione pubblica: sanno che chiamare le cose col loro nome – azzardo, aggressione finanziaria di territori e persone – crea notevoli problemi alla ‘maschera’ che vogliono indossare. Allora, con ingenti investimenti, cercano una copertura ‘etica’ al loro business. La chiamano prevenzione, gioco responsabile, educazione, ma è solo un alibi.



La Figc ha promesso “l’impegno in attività sociali, rafforzando così il lavoro 
della Federcalcio nella promozione della cultura della legalità”.

È il cavallo di Troia di cui parlavo. Che cosa significa ‘impegno in attività sociali’? Significa far passare che il problema delle patologie dell’azzardo riguarda quattro ‘sfigati’, mentre il problema è proprio la dimensione pervasiva di questo azzardo che è corruzione, collusione, devastazione di ogni socialità.

Oggi l’attenzione è focalizzata su questo caso Intralot, ma da tempo Sky e
 Mediaset, prima delle partite, fanno pubblicità delle agenzie di scommesse. E molte squadre di calcio fanno soldi con le sponsorizzazioni del gioco d’azzardo.

Serve una legge che vieti subito ogni forma di promozione o di sponsorizzazione, diretta o indiretta, di queste cose, la pubblicità è un elemento costitutivo della dipendenza. La induce e la produce. L’azzardo non è un prodotto di consumo come tutti gli altri: è altamente tossico, non dobbiamo mai dimenticarlo.



 Il Governo aveva promesso interventi contro l’azzardo: cosa è stato fatto, a che 
punto siamo?

Il governo, nella figura del sottosegretario Pier Paolo Baretta, che ha la delega ai giochi oltre a quella alle banche, ha preso solo tempo. Lo status quo evidentemente spaventa meno del cambiamento. Ancora restano inattuati molti dei buoni propositi previsti nella Legge di Stabilità dello scorso anno che già si sta mettendo mano a altri propositi, perché il 15 ottobre verrà presenta la nuova bozza di Stabilità. Solo tre settimane fa il Presidente del Consiglio Renzi affermava che avrebbe tolto le slot da bar e tabaccherie. Io credo che si debba rimanere fermi a questo impegno, che ha avuto una grande eco sulla stampa italiana e straniera, e pretendere che venga reso effettivo, qui e ora. Non è più il tempo di esitare.

  • Autore articolo
    Piero Bosio
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    Ho detto R1PUD1A di Claudio Jampaglia e Giuseppe Mazza per EMERGENCY “Ho detto R1PUD1A” è un podcast sul riarmo e la propaganda di guerra in Europa di Giuseppe Mazza e Claudio Jampaglia, realizzato negli studi di Radio Popolare per EMERGENCY. Nei 5 episodi vi racconteremo le ragioni della campagna R1PUD1A di EMERGENCY www.ripudia.it attraverso un’analisi dei meccanismi per cui in questi anni siamo arrivati al “non c’è alternativa” al riarmo, dei protagonisti, delle campagne e dei linguaggi, con molti ricorsi storici, qualche sguardo alle alternative e con la partecipazione di alcuni dei protagonisti dell’associazione che da 30 anni cerca di curare e prevenire le ferite provocate dai conflitti armati. Primo episodio: Le parole sono importanti. In questa prima puntata di “Ho detto R1PUD1A” Giuseppe Mazza e Claudio Jampaglia spiegano cosa significa la parola “ripudia” nella Costituzione italiana e perché è stata scelta per rappresentare il “mai più” alla guerra del popolo italiano dopo la Liberazione. Non siamo i soli ad avere fissato questo principio nelle nostre leggi. La guerra però sta tornando una prospettiva concreta, almeno secondo la maggior parte dei governi, che si riarmano, Italia compresa. Con Rossella Miccio, presidente di EMERGENCY, vi racconteremo poi l’esempio del Sudan, il Paese dove la guerra ha già causato in questi due anni oltre tre milioni di profughi. Partecipa alla campagna R1PUD1A su www.ripudia.it

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