“La crisi siriana ha messo a nudo molti nodi delle relazioni internazionali in questo periodo storico. Lo strappo più pericoloso è quello tra Russia e Stati Uniti, che pochi giorni fa hanno interrotto il dialogo sulla Siria. Dialogo che non aveva portato ad alcun risultato concreto ma che rappresentava l’unico punto di contatto tra Washington e Mosca in un momento di grande complessità sullo scacchiere internazionale.
La fine del dialogo tra Kerry e Lavrov, che in questi anni avevano coltivato un rapporto di fiducia personale, ci dice che la guerra in Siria andrà avanti ancora per parecchio tempo e che le relazioni tra russi e americani hanno probabilmente raggiunto il punto più basso dalla fine della Guerra Fredda.
L’opposizione siriana ha criticato più volte l’amministrazione Obama, per non essersi mai imposta nei confronti di Putin e Assad, permettendo così una serie di operazioni militari, a partire dall’attuale campagna su Aleppo, che hanno fatto migliaia di vittime civili.
Abbiamo cercato di capire qualcosa di più della posizione degli Stati Uniti con Philip Crowley, già assistente di Hillary Clinton al Dipartimento di Stato tra il 2009 e il 2011. A dicembre uscirà un suo libro proprio sulla politica estera americana: Red Line: American Foreign Policy in a Time of Fractured Politics and Failing States.
Philip Crowley da dove arriva questa crisi nei rapporti tra Russia e Stati Uniti?
“La Siria è ovviamente la prima causa di questo grave peggioramento delle relazioni tra Russia e Stati Uniti. I due Paesi hanno cercato di trovare un punto d’incontro che potesse soddisfare gli interessi di entrambi, ma come vediamo oggi non ci sono riusciti. Entrambi concordano sulla necessità di combattere i terroristi e di sconfiggere l’Isis, ma dal punto di vista politico gli americani vorrebbero l’uscita di scena di Assad, mentre i russi sono convinti che il presidente siriano sia l’unica alternativa al caos. Il segretario di stato John Kerry ha provato a lungo a colmare le differenze con Mosca. Alla fine ha gettato la spugna. Ora toccherà alla nuova amministrazione”.
Ma perché gli Stati Uniti non hanno raggiunto i loro obiettivi in Siria mentre la Russia è sempre più in una posizione di forza?
“A causa dell’Iraq. Obama è sempre stato prudente per la memoria della guerra in Iraq. L’amministrazione americana non ha mai voluto assumersi la responsabilità di risolvere il conflitto siriano, un conflitto molto complesso. Gli Stati Uniti si sono limitati ad affrontare le grosse minacce per l’Europa e per l’Occidente. Soprattutto lo Stato Islamico. Russia e Stati Uniti stanno combattendo due guerre diverse: gli americani combattono l’Isis, i russi invece hanno rafforzato Assad che a questo punto rimarrà al potere. Il problema è che fino a quando non ci sarà un cambio di governo a Damasco la guerra non potrà finire e non si fermerà nemmeno il flusso di migranti verso l’Europa”.
Alcuni funzionari americani hanno parlato di possibili operazioni militari per fermare la campagna russo-siriana su Aleppo. Si tratta di dichiarazioni credibili?
“L’opzione è sempre stata lì, ma credo che un intervento armato sia altamente improbabile. E purtroppo credo che la campagna sua Aleppo andrà avanti, con l’uso strumentale degli aiuti umanitari. Non c’è consenso internazionale su un intervento che metta fine all’assalto di Aleppo e salvi la popolazione civile. Dopo quello che ha fatto la Nato in Libia, Russia e Cina hanno deciso di mettere nell’angolo il Consiglio di Sicurezza della Nazioni Unite. Quello siriano è il conflitto più tragico degli ultimi decenni, che in questo momento la comunità internazionale non ha la capacità di fermare”.
In realtà mi ha già risposto, ci dobbiamo aspettare un cambio radicale nella politica estera americana con la prossima amministrazione, chiunque dovesse vincere tra Clinton e Trump?
“Credo ci saranno aggiustamenti tattici. Più supporto per l’opposizione siriana. Ma non le condizioni per la partenza di Assad. Il nuovo governo americano rafforzerà l’opposizione, che non verrà definitivamente sconfitta. È quindi probabile che in Siria ci siano delle soluzioni locali, che si lavori a degli accordi a livello locale, nella speranza di arrivare poi a un vero negoziato politico. Ma al momento è tutto così complesso che non si vede la fine di questa guerra”.
È giusto dire che le relazioni tra Russia e Stati Uniti hanno raggiunto il punto più basso dalla fine della Guerra Fredda?
“Una bella domanda. Vladimir Putin, per questioni di politica interna, ha adottato una posizione anti-americana e sarà un bel problema per la futura amministrazione, per parecchi anni. La Russia ha diversi punti deboli ma Putin riesce sempre a sfruttare questa debolezza. Il presidente russo non è uno stratega, e un giocatore d’azzardo. In Siria ha fatto errori che pagherà. Lo stesso in Ucraina. Dobbiamo essere pazienti, cercare aree d’interesse comune. Anche in Siria e in Ucraina. Il negoziato sul nucleare iraniano è un buon esempio. In ogni caso i rapporti saranno complessi ancora per molto tempo. Diciamo che dobbiamo prepararci a gestire una crisi costante con la Russia”.