“Questo referendum è stato messo in piedi da Viktor Orbán con scopi che vanno al di là della questione dei migranti. Il suo solo obiettivo era rafforzare il suo potere all’interno dell’Ungheria e in Europa. E questo lo ha attenuto”. E’ amara l’analisi della filosofa ungherese Agnes Heller sui risultati del referendum ungherese di domenica 2 ottobre.
Certo, il quorum non è stato superato: ha votato uno scarso 43 per cento dell’elettorato. Ma il premier ungherese è riuscito di nuovo a guadagnarsi la ribalta europea e – lungi dal dimettersi – resta saldo in sella.
“Certo, questo referendum ha avuto anche effetti funesti per lui – spiega Heller – perché malgrado la macchina propagandistica che ha messo in piedi, malgrado abbia speso più di un miliardo di fiorini nella campagna per il no, malgrado avesse il totale controllo dei media, malgrado ci fossero suoi manifesti dappertutto, malgrado avesse mobilitato i dipendenti pubblici per fare campagna per lui, non è riuscito a ottenere il quorum, a far sì che il referendum fosse valido”.
“Nonostante questo – continua Heller – Orbán ha dichiarato di aver vinto, grazie al fatto che la maggior parte dei votanti hanno optato per il no ai migranti, come lui indicava. Dimenticando che l’opposizione si era schierata non per il sì, ma per il boicottaggio del referendum. Era ovvio che tutti quelli che fossero andati alle urne avrebbero votato no. Siamo dunque in una situazione in cui entrambe le parti si dichiarano vincitrici”.
Agnes Heller, classe 1929, è di passaggio in Italia per presentare il suo saggio Il vento e il vortice, scritto assieme a Riccardo Mazzeo e pubblicato da Erickson. Da bambina, in Ungheria, fece esperienza della persecuzione e dello sterminio nazista. Suo padre, ebreo, morì nel campo di concentramento di Auschwitz nel 1945. Negli anni precedenti aveva sfruttato le sue conoscenze legali e del tedesco per aiutare tanti ebrei a preparare le carte per emigrare dall’Europa nazista.
“Ho pensato tutta la vita cosa significa negare a un perseguitato un rifugio in un altro Paese”, ha detto Agnes Heller lo scorso aprile in un’intervista al manifesto. “Se gli altri Paesi europei ci avessero dato asilo, forse la metà degli oltre 600mila ebrei ungheresi si sarebbero salvati”.
Tornando al referendum di domenica in Ungheria, Agnès Heller ci spiega il paradosso di una maggioranza e di un’opposizione ungheresi che ora si dichiarano entrambi vincitrici. “L’opposizione sostiene di aver vinto perché il referendum senza il quorum non è valido. Victor Orbán sostiene di aver vinto perché il no è stato maggioranza. E’ molto difficile mentire con una domanda, ma in questo caso è avvenuto: la domanda oggetto del referendum è una menzogna e non si poteva rispondere né sì né no, perché entrambe le risposte sarebbero state false!”
Tutto sta nell’ambiguità della domanda del referendum: “Volete che all’Unione Europea sia consentito ordinare all’Ungheria di accogliere cittadini non ungheresi, senza che sia necessaria l’approvazione del Parlamento ungherese?”. In realtà, se l’Unione europea non potesse prendere decisioni a maggioranza, non esisterebbe, né avrebbe senso che l’Ungheria ne facesse parte. Ma attenzione: Orbán si guarda bene dal chiedere la Huxit, ovvero l’uscita dell’Ungheria dall’Unione Europea. Sa troppo bene – infatti – che l’economia ungherese sta in piedi solo grazie agli aiuti europei.
Ma dunque il referendum ungherese cosa cambia? chiediamo ancora ad Agnes Heller. “La verità è che il boicottaggio del referendum ha avuto successo. Ma Orbàn si sarebbe dichiarato vincitore con qualsiasi risultato, perché lui fa così: lui vince sempre. E’ questo il messaggio che lui comunica in ogni momento. In pratica il risultato di questo referendum è nullo, ma non c’è mai stata la questione dei migranti dietro questa consultazione. In gioco c’era solo l’influenza politica di Viktor Orbàn in Ungheria e in Europa, che è stata riconfermata. Ma niente di concreto è stato ottenuto o perduto con questo referendum”.