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Maurizio Landini a Radio Popolare: “Rimettiamo al centro i bisogni delle persone”

Maurizio Landini

L’intervista al segretario generale della CGIL, Maurizio Landini, avvenuta all’interno della trasmissione speciale “Una mattina mi son svegliato”.

Immagino abbia sentito il ministro della Protezione Civile, Musumeci. Fanno impressione quelle parole sull’appello alla sobrietà, “il 25 aprile si festeggi con sobrietà visti i cinque giorni di lutto per Papa Francesco”. Che reazione ha avuto a questa parole?

Il 25 aprile non è che si deve bere, non è che beviamo, quindi dobbiamo essere sobri. Il 25 aprile è un momento, è una giornata di mobilitazione, di lotta per affermare i valori della democrazia nel nostro paese e ricordare bene a tutti che senza la sconfitta del nazismo e del fascismo, quindi senza la lotta di resistenza, senza la scelta di chi antifascista si è schierato, noi oggi non avremmo la democrazia e la libertà e dall’altra parte siamo in un periodo in Italia e nel mondo in cui c’è una crisi evidente della democrazia e mai come adesso la democrazia va praticata e per praticarla occorre assumere con molta forza la battaglia contro le diseguaglianze e per affermare quei valori che sono sanciti nella nostra Costituzione.
La democrazia deve essere accompagnata dalla giustizia sociale, deve essere accompagnata dalla centralità della persona, della centralità del lavoro e deve essere un modello sociale che mette vincoli al mercato, esattamente il contrario di quello che oggi rischia di venire avanti e quindi mai come adesso il 25 aprile non è semplicemente una giornata di memoria o di ricordo, ma credo che sia una giornata di mobilitazione, di lotta e di partecipazione democratica.

Allora, per capire da che humus culturale nascono quelle parole di Musumeci, Giovanni De Luna, lo storico, dice “Insomma, è un modo per silenziare gli 80 anni della liberazione”. Secondo lei, da dove nascono quelle parole?

Nascono da una cosa molto precisa, adesso non giriamoci attorno, fa parte di chi oggi è al governo e chi ha quella cultura non è tra quelli che hanno dato vita alla nostra Costituzione. Questo è un fatto storico, non è un fatto di giudizio. Quindi è evidente da questo punto di vista che noi abbiamo bisogno che quei valori lì vivano e siano in grado di essere soprattutto legati al miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro delle persone.

Rimane sempre un pretesto qualsiasi, quello per cercare di mettere i bastoni tra le ruote da parte di questo governo. Siamo sempre lì ogni anno, ci ritroviamo a commentare scelte di questo tipo, Landini.

Sì, però bisogna anche cambiare gioco, non è che dobbiamo sempre giocare di rimessa. Credo che questo è il quadro che abbiamo di fronte e se abbiamo di fronte il fatto che metà dei cittadini a votare non c’è andato, perché non stiamo parlando di un colpo di Stato, stiamo parlando di un voto, chi oggi è al governo ha preso i voti e dall’altra parte siamo di fronte ad un paese dove metà dei cittadini non si sente più rappresentato da nessuno. Questa è la ragione della crisi della democrazia di questo paese.
E se oggi noi abbiamo al governo, chi ha vinto le elezioni, ma non rappresenta la maggioranza di questo paese, c’è una parte del paese che non partecipa e non si sente rappresentato da nessuno, qui il problema non è la colpa di chi è al governo, qui il problema è di rilanciare con forza e di recuperare questa partecipazione. Quindi vuol dire rioccuparsi delle persone e davvero rimettere al centro i valori della nostra Costituzione.
Rimettere al centro i bisogni delle persone, non lasciare solo nessuno e quindi capire anche quello che non si è capito fino ad oggi in cui la democrazia non è una cosa conquistata una volta per tutti. La democrazia deve essere costruita, deve essere praticata ed in particolare oggi c’è il problema di come dare voce a chi non ce l’ha e in particolare a chi è giovane, a chi è precario, a chi per vivere ha bisogno di lavorare.
Quando in un paese si è poveri lavorando, vuol dire che c’è bisogno di giustizia sociale, che c’è una crisi evidente della giustizia sociale e della democrazia in questo paese. È questo il tema che abbiamo di fronte. Quindi io da un certo punto di vista la smetterei di correre dietro a dichiarazioni che sappiamo già quali saranno. Il punto vero è come si creano le condizioni di una mobilitazione più ampia di un recupero della partecipazione.
Allora bisogna parlare con quelli che a votare non ci vanno, bisogna andare a parlare con chi oggi è disagiato e bisogna di nuovo che le forze antifasciste svolgano quel ruolo che nella storia del nostro paese hanno svolto per conquistare la democrazia. Oggi bisogna praticarla la democrazia.
Oggi bisogna affermare quei valori e i principi che oggi sono messi in discussione e lo dico senza alcuna forzatura, ma come elemento molto preciso, penso ad esempio che un modo per difendere la democrazia è praticarla. E in questo senso penso che la stagione dei referendum che nei prossimi giorni dovremmo affrontare con i referendum che ci sono a giugno, quelli sono l’occasione per affermare i diritti nel lavoro, i diritti di cittadinanza che oggi sono negati.
E allora a quel punto lì non c’è più delle chiacchiere da fare, c’è una pratica da fare e cioè il diritto che è stato riconquistato di votare proprio quando si è sconfitto il nazismo e il fascismo, oggi è il momento di ripraticarlo. È quello che oggi può cambiare la situazione e che può diventare un elemento di rivolta. Quindi lo dico con molta franchezza, senza alcuna discussione, basta lamentarsi. È il momento di fare e di agire.

Lei ha citato la giustizia sociale come cardine anche della lotta, della rivolta e insomma è stata anche un po’ la lezione di Papa Francesco. Io vorrei parlare con lei anche di un suo ricordo personale di Francesco perché lei ha avuto modo di incontrarlo in un evento storico con oltre 5 mila delegati quando il 19 dicembre del 2022 la CGIL venne ricevuta in udienza in Vaticano. A proposito della sua lezione, sentivo ieri che Francesco è stato un punto di riferimento anche per il mondo laico e progressista, per la sinistra in generale, perché ha saputo veicolare un’idea di riscatto per gli ultimi della terra, per i dimenticati, la giustizia sociale, insomma, quello che diceva lei. Quello che per la sinistra un tempo, dicevano, era il sol dell’avvenire che ci siamo dimenticati. Lei condivide questo pensiero su Francesco?

Sicuramente Papa Francesco ha fatto degli atti concreti, penso alle due encicliche che ha fatto, “Laudato si” e “Fratelli tutti” in cui ha indicato una via di emancipazione delle persone che non era solo la solidarietà o la carità, ma era mettere nelle condizioni le persone di potersi emancipare, di uscire dallo sfruttamento, mettendo in discussione anche quel modello economico, finanziario, capitalistico che, come diceva in queste encicliche, c’è un’economia che uccide, perché non mette al centro la persona, perché non mette al centro la tutela ambientale della terra, perché non mette al centro i valori fondamentali della persona.
E da questo punto di vista sono state le ragioni che ci hanno portato ad avere un incontro, un fatto storico, non era mai successo nella storia di più di 120 anni della CGIL e credo che sia stato un incontro molto importante e molto fruttuoso perché ha rimesso al centro, appunto, un elemento centrale, di non lasciare sole le persone, di combattere gli ecoismi, di combattere lo sfruttamento e quindi di rimettere al centro il lavoro e la persona.
Ricordo quando lui ci spronò a dare voce a chi voce non ne aveva e a dire in modo molto chiaro che i lavoratori per essere liberi debbono potersi organizzare nel sindacato e un sindacato per poter vivere ha bisogno di essere fondato sulle lavoratrici e sui lavoratori e ci invitò non solo a dare voce ma a fare rumore, a non stare zitti di fronte alle ingiustizie.
Credo che sia stato un atto molto importante del resto se pensiamo anche all’azione che ha messo in campo è stata proprio la ricerca di un confronto con tutti, non solo con i laici, ma anche con qualsiasi tipo di religione.
Se c’è una caratteristica, credo, dell’azione che il Papa ha fatto è stato proprio quello di praticare l’incontro, il confronto, appunto tra diverse culture e di ragionare in termini di accoglienza e da qui l’ha portato anche ad una battaglia senza quartiere contro la guerra, contro la cultura della guerra e ad affermare fino all’ultimo la pace e indicare nella lotta per la pace in modo centrale la battaglia per il disarmo, non per il riarmo, ma per ridurre le spese delle armi e per praticare naturalmente anche una cultura di un certo tipo.
Credo che questo ha permesso a un’organizzazione con la storia anche della CGIL non solo di incontrare il Papa, ma di avere un rapporto fecondo importante con tutto il mondo cattolico oltre che laico.
Penso ad esempio che non è un caso che la più grande manifestazione che è stata fatta in questi anni molto difficili contro la guerra in Europa sia stata a Roma, quella mi riferisco al 2022 a novembre, l’anno che ci ha portato anche ad avere questo bellissimo incontro con il Papa.
Lo dico perché da un certo punto di vista credo che quei valori e quella pratica sia un elemento molto importante per quello che ci riguarda, sono parole, sono insegnamenti che noi vogliamo proseguire nella nostra azione e anche nell’azione che abbiamo messo in campo in termini anche di relazioni, di rapporti e di battaglie, cioè mettere al centro il lavoro, la solidarietà, la fratellanza, la centralità della questione ambientale nel rispetto della natura e dall’altra parte assumere il valore della pace e quindi del disarmo e di un contrasto esplicito alla cultura della guerra, credo che siano elementi che durano nel tempo e che vanno oltre anche la presenza terrena di Papa Francesco, il cui insegnamento e le cui parole, come noto, non scompaiono con lui, ma rimangono, credo, come un elemento di riferimento molto preciso.
Mi permetterei di dire per tutte le persone di buona volontà. Ecco, visto che lui si è rivolto a tutti credenti e non credenti e qui mi viene in mente una cosa molto bella che ho imparato da Don Gallo che non c’è più che divideva il mondo non tra credenti e non credenti, ma tra pensanti e non pensanti. Ecco, credo che questo sia un elemento importante che mai come adesso vada utilizzato.

Venendo al 25 aprile, alle sue parole che sono molto simili a quelle di Bersani che abbiamo avuto ospite ieri, “non sia solo commemorazione, dunque, ma anche militanza, lotta, rivolta sociale” se possiamo parafrasare anche le sue di parole, contro l’affermarsi dei nazionalismi, contro un modello illiberale contrario ai valori della resistenza che si sta diffondendo non soltanto in Italia, ma in tutto il mondo. Però Bersani ieri diceva “Manca la consapevolezza dei tempi da parte di chi si vuole opporre a questa constatazione dei fatti”. Secondo lei, c’è una mancanza di consapevolezza, soprattutto da parte di alcune forze che si vorrebbero opporre a questa deriva?

Io credo che ci sia innanzitutto la necessità di ricostruire un rapporto con le persone. Ciò che fa la differenza è questo, io insisto, quando hai metà dei cittadini italiani che a votare non ci va e che non si sente rappresentato da nessuno, che pensa che votare non serve, che è solo, che ha paura, che è in difficoltà, è proprio lì che bisogna agire e bisogna recuperare una dimensione anche del fare sindacato e del fare politica che sia quello di tornare ad ascoltare le persone, di occuparsi dei problemi delle persone e di lavorare per mettere assieme le persone per non lasciare solo nessuno.
Quindi io credo ci sia proprio anche un elemento di pratica, mi permetto di dire, non è il momento delle chiacchiere, delle parole, è il momento dei fatti, è un momento in cui contano molto di più le cose che fai, che semplicemente quello che dici, perché se le dici e poi non le fai, non fa altro che aumentare la sfiducia verso la possibilità di cambiare la situazione.

Fuori dalle realtà sindacali lei la vede questa consapevolezza, Landini?

Io sento questo bisogno, vedo e sento questo bisogno tra le persone. In particolare, se penso ai giovani. Sento un grande bisogno di libertà che oggi è negata. Perché quando una persona è precaria, non è libera. Quando non arriva alla fine del mese, non è libera. Quando è costretta ad andarsene dal nostro Paese per potersi realizzare, non è libera. Quindi io sento un grande bisogno di libertà che non trova oggi un’adeguata risposta. C’è bisogno di riprenderci le parole. In questi anni, credo che si sia regalata la parola “libertà” a chi pensa che libertà significhi solo mercato, fare ciò che si vuole, competere gli uni contro gli altri. Invece, la libertà vera è la solidarietà, è la fratellanza, è la possibilità di aumentare la giustizia sociale, è la possibilità di partecipare, di contare, di stare insieme. Io penso che ci sia bisogno di ricostruire questi luoghi e queste pratiche. E insisto: io vedo nella battaglia che abbiamo lanciato insieme a tanti, quella dei referendum, uno strumento concreto di ricostruzione di questa pratica. Perché proprio nel momento in cui le persone pensano che votare non serva a nulla, perché non si sentono rappresentate da nessuno, il referendum è uno strumento che ti fa votare per te stesso. Non voti per un partito o per un governo. Voti per te. Attraverso il tuo voto, attraverso la tua partecipazione, puoi cambiare e migliorare la tua condizione e quella degli altri. Credo che ci sia bisogno di tornare ad avere questa capacità di ascoltare, di rilanciare questa situazione. È il momento anche di riflettere, di discutere, di ragionare insieme. Di ritrovare luoghi che permettano un’azione collettiva. Il messaggio che dobbiamo mandare è: da soli si va a sbattere. In un mondo fondato sul mercato, sulla competizione e sullo sfruttamento, la persona singola, da sola, è in balia del mercato e del più forte. Noi dobbiamo fare esattamente il contrario: rilanciare con forza il valore che la difesa dei diritti individuali passa attraverso l’azione collettiva, attraverso lo stare insieme. Credo che questa sia la cultura da riaffermare, un’altra idea di libertà, un’altra cultura della libertà che sia fondata sulla partecipazione delle persone. Penso che questo sia l’elemento centrale: la pratica. La politica deve superare la modalità che si è affermata in questi anni, quella dello svilimento della partecipazione. Deve ricostruire un rapporto diretto con le persone. È il momento — lo dico con semplicità — in cui bisogna ascoltare le persone e provare a risolvere i problemi che loro hanno. Credo che questa sia la funzione, mi permetto di dire, sindacale nel senso più generale. Ma anche della politica. Non intesa come politica dei partiti, ma nel senso nobile della politica: tornare a qualificare il senso del fare politica, e quindi dell’impegno e della partecipazione.

A proposito dei referendum, che sensazioni state avendo sul territorio, visto che la campagna è iniziata?

Positive. Quando parliamo con le persone, quando distribuiamo volantini… nei tanti volantinaggi che stiamo facendo, non c’è una persona che butti per terra il volantino. Cioè, quando la gente se ne va, anche dove ci sono migliaia di persone a cui dai i volantini, non ce n’è uno a terra. Vuol dire che la gente li tiene in tasca, vuol dire che è interessata. Mai come adesso abbiamo bisogno di fare un lavoro casa per casa, condominio per condominio, luogo di lavoro per luogo di lavoro, bar per bar. Abbiamo innanzitutto bisogno di informare le persone. Quindi vi ringrazio anche per questo spazio, per questo ruolo: informare le persone che c’è un referendum, e che questi referendum possono permettere loro di migliorare i propri diritti e le proprie tutele. Basta precarietà. Basta essere sfruttati. Basta morire sul lavoro. Bisogna avere il diritto di essere cittadini, perché si pagano le tasse, perché si lavora e si contribuisce a far crescere questo Paese. Bisogna riaffermare che lavorando si devono avere dei diritti. Non si può essere licenziati solo perché qualcuno si alza al mattino e ti considera non più utile. E non si può continuare a morire sul lavoro. Da questo punto di vista, penso che la possibilità di raggiungere il quorum — che tanti dicono essere difficile — sia invece un obiettivo praticabile. Soprattutto se siamo capaci, in questi giorni e in questo mese, di far diventare questo impegno una vera e propria pratica di mobilitazione generale e di rapporto con tutte le persone.

  • Autore articolo
    Mattia Guastafierro
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