![Trump su Gaza](https://www.radiopopolare.it/wp-content/uploads/2025/02/1920x1080170.jpg)
Il portavoce militare di Hamas ha detto oggi che il prossimo rilascio degli ostaggi israeliani – che era previsto per sabato 15 – è rinviato “fino a nuovo avviso” a causa della violazione da parte di Israele dei termini dell’accordo di cessate il fuoco. All’annuncio israele ha subito risposto. Il ministro della difesa Katz ha ordinato all’esercito di ‘prepararsi a ogni scenario a Gaza’ e il ministro estremista Ben Gvir ha già detto che l’unica risposta possibile è un massiccio bombardamento della striscia.
Intanto Donald Trump, dopo aver proposto la deportazione dei palestinesi, ha detto che in base al suo piano i palestinesi non avrebbero alcun diritto al ritorno e che avrebbe intenzione di comprarsi Gaza. Dietro a queste dichiarazioni, potrebbe esserci però anche un interesse economico.
Le ultime parole di Trump su Gaza – ultime al momento di scrivere questo pezzo perché a breve ne potrebbero arrivare altre – comunque le ultime dichiarazioni del presidente americano hanno aggiunto al dossier del conflitto israelo-palestinese anche un elemento di cui solitamente non si parla, e che non sembra in alcun modo determinante, l’elemento economico.
Trump si è detto pronto ad acquistare il territorio di Gaza. Nei giorni scorsi aveva parlato dello spostamente della popolazione della Striscia – provocando le critiche di mezzo mondo – ma ora cita addirittura la possibilità di comprare quel territorio, aggiungendo oltretutto che una volta spostati i palestinesi non avrebbero il diritto di tornare.
A parte il fatto che non si capisce da chi possa comprarlo, non si riesce nemmeno a immaginare con quali soldi possa farlo, a meno che non si tratti di un suo investimento personale. Non vogliamo rispondere a queste domande, ma questo passaggio ci suggerisce in ogni caso di non dimenticare, appunto, l’elemento economico. Il valore economico di quella zona del Medio Oriente, che si affaccia sul Mediterraneo sud-orientale, la Striscia di Gaza appunto.
Valore economico vuol dire soprattutto valore energetico.
Al largo di Gaza ci sono dei giacimenti di gas naturale scoperti quasi 30 anni fa, nel 1999. Sono a poco più di 30 chilometri dalla costa e si inseriscono in una zona più ampia, nel Mediterraneo Orientale, compresa tra Egitto, Gaza, Israele e Libano da una parte e Cipro dall’altra. Gli altri giacimenti vengono già sfruttati, quelli al largo di Gaza no, anche per la situazione di perenne crisi, se non di conflitto come in questo momento. Lo sappiamo bene.
In alcuni momenti Israele sembrava sul punto di permettere ai palestinesi, all’Autorità Nazionale Palestinese, di sfruttare i giacimenti di gas. Ma poi ha sempre fatto marcia indietro. E in questo ha avuto un ruolo importante anche lo scontro all’interno del fronte palestinese, e soprattutto la presa di potere a Gaza da parte di Hamas, poco più di 20 anni fa. Concedere lo sfruttamento di quei giacimenti avrebbe significato concedere risorse economiche alle autorità della Striscia.
L’ANP ha aderito nel 2015 alla Convenzione ONU per il diritto del mare e ha anche stabilito i suoi confini marittimi, proprio il mare davanti a Gaza. Ma i palestinesi non hanno uno stato e a maggior ragione Israele – che non fa parte della Convenzione per il diritto del mare – non riconosce i territori palestinesi come stato.
Qui i piani sono molteplici, ma fanno tutti parte dello stesso quadro, complesso e apparentmente senza soluzione.
Ma siamo partiti dalle parole di Trump.
Il presidente americano ha forse pensato anche al valore economico del mare di fronte alla Striscia? E magari del supporto che vorrebbe dare a Israele nel suo tentativo di diventare un importante hub energetico per l’Europa? Oltretutto in un momento nel quale l’Europa ha iniziato a fare a meno dell’energia russa?
Tutto è possibile. Teniamolo a mente.