Per anni è stata un simbolo di speranza. La prima donna iraniana ad arbitrare una partita di calcio internazionale. Si chiama Mahsa Ghorbani e sembrava non aver paura di niente. La passione per il calcio l’ha spinta a coltivare una delle aspirazioni più audaci che una donna iraniana possa pensare: condividere il campo con ventidue uomini e dirigerli. Ora però ha preso la dolorosa decisione di lasciare il suo Paese per andare a vivere in Svezia.
Mahsa Ghorbani aveva iniziato come arbitra di tornei giovanili, poi nel 2017, quando aveva 28 anni, la Federazione internazionale, la Fifa, l’ha riconosciuta arbitra internazionale d’élite. Ha partecipato alla Coppa dell’Asia centrale under-20, alla Coppa d’Asia femminile e nel 2023 ai Mondiali femminili. A marzo 2024 arriva un altro traguardo. Nel calcio iraniano non c’è nulla di più sentito del derby di Teheran tra Esteghlal e Persepolis, le due più importanti squadre della capitale. Mahsa Ghorbani viene designata per essere una degli assistenti alla sala Var, dove gli arbitri al video collaborano con il direttore di gara in campo per risolvere gli episodi di gioco più dubbi.
Nessuna donna era mai stata scelta prima di lei. I titoli dei siti di mezzo mondo la celebrano, ma a quella partita Mahsa Ghorbani non partecipa mai. Due giorni prima del derby viene rimossa dalla squadra arbitrale. Entra in una spirale di interrogatori, viene costretta a firmare dichiarazioni di non essere nelle condizioni di salute di poter fare il proprio lavoro. Ai suoi rifiuti seguono le minacce di morte. L’abbigliamento che ha indossato per arbitrare le partite internazionali (senza velo islamico, senza l’hijab) diventa il pretesto per accusarla di aver violato le leggi del suo Paese.
Nessuna donna era mai stata scelta prima di lei. I titoli dei siti di mezzo mondo la celebrano, ma a quella partita Mahsa Ghorbani non partecipa mai. Due giorni prima del derby viene rimossa dalla squadra arbitrale. Entra in una spirale di interrogatori, viene costretta a firmare dichiarazioni di non essere nelle condizioni di salute di poter fare il proprio lavoro. Ai suoi rifiuti seguono le minacce di morte. L’abbigliamento che ha indossato per arbitrare le partite internazionali (senza velo islamico, senza l’hijab) diventa il pretesto per accusarla di aver violato le leggi del suo Paese.
“Una volta mi hanno detto: «Oggi arbitri nella sala Var, domani vuoi arbitrare a bordocampo e il giorno dopo vuoi essere l’arbitro principale in campo». Hanno paura di dare alle donne lo spazio per crescere” ha raccontato Ghorbani in un’intervista ad Al Jazeera.
Lo sport, il calcio in particolare, è uno spazio in cui da tempo le donne iraniane cercano di sfuggire e ribellarsi ai divieti e alle separazioni imposte dal regime. Negli ultimi anni, più volte piccole aperture sono state raccontate come l’inizio di un percorso che però poi non è mai partito veramente.
Lo sport, il calcio in particolare, è uno spazio in cui da tempo le donne iraniane cercano di sfuggire e ribellarsi ai divieti e alle separazioni imposte dal regime. Negli ultimi anni, più volte piccole aperture sono state raccontate come l’inizio di un percorso che però poi non è mai partito veramente.
Nel 2019, il presidente della Fifa Gianni Infantino salutava così l’apertura dello stadio di Teheran ad alcune migliaia di donne, nettamente separate dagli spettatori uomini, per la partita di qualificazione ai Mondiali contro la Cambogia: “Uomini e donne sono uguali nel calcio, penso che quello che arriva dall’Iran sia un messaggio di speranza” aveva detto.
Erano passate poche settimane dall’arresto e dalla condanna di Sahar Khodayari, la tifosa dell’Esteghlal, ribattezzata “Blue Girl”, che morì dopo essersi data fuoco, in estremo segno di protesta, davanti a un tribunale di Teheran. Dopo la sua morte, le donne iraniane hanno potuto assistere al derby tra Esteghlal e Persepolis, cosa che non accadeva da più di 40 anni e, solo un mese fa, allo stadio di Esfahan per la prima volta circa 40 mila spettatrici, tutte donne, sono state il pubblico della partita tra Sepahan e Persepolis.
Erano passate poche settimane dall’arresto e dalla condanna di Sahar Khodayari, la tifosa dell’Esteghlal, ribattezzata “Blue Girl”, che morì dopo essersi data fuoco, in estremo segno di protesta, davanti a un tribunale di Teheran. Dopo la sua morte, le donne iraniane hanno potuto assistere al derby tra Esteghlal e Persepolis, cosa che non accadeva da più di 40 anni e, solo un mese fa, allo stadio di Esfahan per la prima volta circa 40 mila spettatrici, tutte donne, sono state il pubblico della partita tra Sepahan e Persepolis.
Eventi che non sono ancora stati accompagnati da un vero cambiamento in termini di libertà, diritti ed eguaglianza per le donne. Mahsa Ghorbani, la prima arbitra internazionale iraniana, sogna ancora di fischiare il calcio d’inizio di una partita dei Mondiali maschili. Ma per inseguire quel sogno ha dovuto lasciare l’Iran. Restando nel suo Paese, non era possibile continuare a farlo.
(Foto di Wikimedia)