Nessuno sa come sarà la Siria di domani. E in realtà sembra che gli stessi siriani – dopo una lunga guerra civile e oltre mezzo secolo di feroce dittatura – stiano solo cercando di respirare, se non di imparare a respirare, liberamente. Il futuro del paese sarà però determinante, per tutta la regione, e oltre.
In queste ore offrono spunti di riflessione gli sviluppi diplomatici.
Dopo aver ricevuto nel fine-settimana il ministro degli esteri turco – Ankara è la più vicina alla nuova leadership siriana – Ahmed al-Sharaa, al-Jolani, ha accolto a Damasco i ministri degli esteri di Giordania e Qatar. Doha avrebbe promesso soldi e assistenza per le infrastrutture, soprattutto settore energetico e porti. Il Qatar lo fa anche in altri paesi, dove la sua influenza politica passa dal supporto economico e finanziario e dalla costruzione di servizi e infrastrutture. Amman ha detto sostanzialmente di essere pronta a fare lo stesso, ma ha anche chiesto la massima collaborazione per bloccare il contrabbando di armi e droga lungo il confine tra Siria e Giordania. La nuova Siria non può ripartire da sola, mancano soldi e competenze. E stiamo parlando solo dell’aspetto economico, perché poi c’è tutta la partita della convivenza interna tra comunità profondamente diverse.
Il rischio ovviamente è che si passi dalle influenze iraniane e russe ai tempi di Assad – proprio oggi Tehran ha confermato di non aver ancora stabilito contatti con le nuove autorità siriane – agli interessi di altri paesi della regione. Dipenderà dal futuro punto di equilibrio.
La Siria del futuro, equilibri regionali e sfide internazionali
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Autore articolo
Emanuele Valenti