Sono tutti carpentieri e tutti egiziani, ventenni o poco più, si sono presentati uno dopo l’altro ai sindacalisti che vigilano sulla sicurezza in cantiere per raccontare che il giorno di paga dovevano consegnare una parte del loro stipendio a quattro colleghi che li hanno fatti entrare in squadra sul cantiere. Dai 150 ai 600 euro cash o anche con bonifico a seconda della quantità di ore ma anche all’esperienza dei singoli. Sono circa 80 lavoratori assunti da un’azienda bergamasca che lavora in subappalto, tutti con contratto a tempo determinato di due mesi e tutti con un permesso soggiorno spesso per protezione internazionale. Sono soggetti fragili ma che hanno trovato la voce e il coraggio per denunciare qualcosa che gli sembrava ingiusto e lo hanno fatto anche pubblicamente in un’assemblea. E allora sono intervenuti i sindacati. Vincenzo Greco della segreteria della camera del lavoro di Milano: “Le nostre federazioni di categoria hanno subito avviato un confronto con le imprese costruttrici per chiedere la stabilizzazione a tempo indeterminato di questi lavoratori che erano costantemente sotto scacco. Assunzione però presso l’affidataria dei lavori. In queste ore stiamo anche valutando con i nostri legali l’apertura di un esposto in Procura perché è inconcepibile che in cantiere accadano queste cose che per alcuni sono all’ordine del giorno ma che per noi sono non lo sono e non lo devono essere nella maniera più assoluta”. È questo che i sindacati sono andati a dire in prefettura oggi pomeriggio, piuttosto arrabbiati anche perché già nelle fasi iniziali del movimento terra avevano scoperto sempre nel cantiere Mind aziende nella lista grigia dell’antimafia. Adesso il caporalato. Evidentemente protocolli e tanta carta non riescono ad arginare né lo sfruttamento né l’illegalità.
L’ombra del caporalato sul nuovo Campus dell’Università Statale
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Autore articolo
Claudio Jampaglia