In Siria Assad è rimasto solo mentre le milizie jihadiste si avvicinano a Damasco. I due principali alleati del regime, la Russia e l’Iran, stanno evacuando dal paese militari, personale diplomatico e civile. Lo confermano questa mattina sia i media israeliani che il New York Times. Le milizie ribelli, dopo aver conquistato Aleppo e Hama nel nord-ovest, stanno assediando Homs e sarebbero a meno di venti chilometri dalla capitale siriana, mentre al sud del Paese, al confine con la Giordania, è caduta anche la città di Daraa, dove nel 2011 partì l’insurrezione anti-regime.
La fotografia potrebbe essere una grossa immagine di Bashar al-Assad, bruciata ieri sera nel centro di Daraa. I tempi sono rapidissimi, nessuno si aspettava un’offensiva di questo tipo, ma visto come sta andando è chiaro come la preparazione sia stata molto accurata, non solo dal punto di vista della pura strategia militare. I ribelli di Ayat Tahrir al Sham, che guidano i miliziani arrivati a Homs, non sono gli unici a combattere. I ribelli di Daraa hanno un’altra storia, come sono tutt’altra cosa i curdi. A Homs i ribelli sono anche entrati in alcuni villaggi alawiti, la comunità di riferimento di Assad e il leader di Ayat Tahrir al Sham, al-Jolani, già intervistato oltretutto da CNN, sta cercando da tempo di togliersi di dosso l’etichetta di estremista islamico. Sembra quindi che l’offensiva sia stata preparata anche lavorando sui rapporti con le diverse comunità locali. Mettendo insieme tutti questi elementi, possiamo dire, cosa che nessuno avrebbe pensato una settimana fa, che il regime di Assad ora sia veramente a rischio.
Chi è il leader delle milizie jihadiste, al-Jolani? Lo abbiamo chiesto a Laura Silvia Battaglia, giornalista esperta dell’area: