L’offensiva dei ribelli siriani su Aleppo, e ormai anche oltre, è arrivata nella sorpresa generale. Il conflitto siriano era congelato da almeno quattro anni e già allora era ormai confinato nella sola provincia di Idlib, vicina a quella di Aleppo, sotto il confine turco. Ed è proprio da lì, da Idlib, che sono partiti i miliziani di Hayat Tahrir al-Sham – dall’inizio della guerra civile siriana, 2011, il gruppo meglio organizzato nella miriade delle milizie anti-regime.
Damasco ha detto che sta preparando una contro-offensiva. E sta bombardato con i russi alcune aree di Aleppo e di Idlib.
La facilità con la quale i ribelli hanno guadagnato terreno – non era mai successo nemmeno nel pieno della guerra civile – è sicuramente collegata alla debolezza in questo momento dell’Asse della Resistenza a guida iraniana – Hezbollah libanesi compresi – attore fondamentale del conflitto siriano al fianco del governo.
Il quadro regionale è importante. Il nord della Siria, non solo il nord-ovest, era relativamente tranquillo da anni ma comunque spartito tra diverse forze politico-militari, comprese quelle curde, in un vero e proprio ginepraio fuori dal controllo dei governativi. Principale attore esterno la Turchia, visti i mille chilometri di confine in comune. Il ministro degli esteri iraniano, Aragchi, sarà oggi a Damasco e poi potrebbe andare anche ad Ankara. Erdogan ha detto che non ha nulla a che fare con questa offensiva dei ribelli, ma è il principale interlocutore esterno di Hayat tahrir al-Sham. Il canale di comunicazione con i ribelli può essere solo quello turco.
L’offensiva si sta spingendo verso sud, direzione Hama, la prima grande città siriana sotto Aleppo e Idlib. In un’eventuale ulteriore avanzata il punto chiave sarò Homs, nel centro del paese – che collega Damasco alla costa Mediterranea, la zona della comunità alawita, dalla quale proviene la famiglia Assad e sua storica base sociale. Quello, nel caso, potrebbe essere il punto di non ritorno.