Quindi venerdì scorso, a sorpresa, è arrivato GNX, nuovo disco di Kendrick Lamar.
Quando esce un disco rap, con al centro la parola, bisogna analizzare il contesto in cui vede la luce.
Che momento è questo per Kendrick Lamar? Da un lato c’è l’halftime del Super Bowl che lo attende da protagonista a inizio 2025. L’evento più trasmesso, più riconosciuto del pianeta a livello pop, affidato in questo caso ad un artista che si è sempre distinto anche per un certo approccio al rap, portando nei suoi testi lati anche problematici non solo personali, ma anche civili, sociali. Questo lo ha portato negli anni ad avere un enorme riconoscibilità e anche grandi riconoscimenti che si estendono ben oltre la comunità Hip Hop. Stiamo parlando di un premio Pulitzer, un artista che ha sempre convinto la critica con i suoi dischi quanto se non più che il pubblico. Quindi da un lato questo, il Kendrick a cui siamo abituati, dall’altro il Super Bowl in arrivo. A tutto ciò va aggiunto un ultimo elemento, quello della scorsa estate, che lo ha visto impegnato in un beef, un lungo dissing con Drake, forse l’artista che di più ha guardato al pop in quella che generosamente in maniera allargata si può definire scena hip hop internazionale. Un artista sicuramente molto forte, che per anni è stato definito un genio e che ha portato anche forme melodiche diverse all’interno di questa cultura. Un artista che però lo ha trascinato in questa sfida toccando dei punti intoccabili per quanto riguarda la cultura hip hop, se non altro per come la intende Kendrick Lamar, uno dei quali è proprio l’identità afroamericana, l’appartenenza a un movimento, la consapevolezza delle sue regole.
Ecco allora che Kendrick porta in questo disco da un lato tematiche meno incentrate su di sé, più rivolte alla società, a un certo tipo di lettura della stessa, dall’altro si rivolge all’ambiente rap e hip hop di cui un po’ vuole riappropriarsi, non perché sia sfuggito a lui, ma perché probabilmente nella sua testa sta un po’ sfuggendo di mano a tutti. L’intento sembra quello di piantare un pochino di paletti culturali. K-Dot parla ai rapper, e parla alla gente, con un disco che però rispetto ai suoi precedenti più recenti, ed in particolare a “Mr.Morale”, risulta più immediatamente fruibile. Il lavoro è alleggerito molto del suo lato più sperimentale, delle svisate spoken word, delle intro quasi recitate che erano dei film veri e propri. È un disco pienamente rap, alla cui produzione si è aggiunto il tocco di Jack Antonoff, una specie di mammasantissima del pop mondiale, che vanta produzioni che vanno da Taylor Swift a Lorde e Florence and The Machine, solo per citarne alcune. È chiaro quindi che Kendrick vuole arrivare, arrivare a tutti. Ha urgenza di arrivare. Perché ha delle cose da dire, ma anche perché ha un haftime show che si sta avvicinando.
La scossa alla comunità, quella hip hop in primis, ma anche quella afroamericana, non va sottovalutata.
Quasi dieci anni dopo “To Pimp a Butterfly”, il rapper di Compton non ha perso la capacità di spronare la coscienza dei neri americani in modo arrabbiato e consapevole, senza rinunciare all’autocritica, alla denuncia nei confronti di chi si accomoda nello stereotipo nel quale è stato imprigionato o indebolisce la causa con battaglie personali.
C’è un brano in particolare all’interno di GNX in cui interpreta in maniera nitida e allo stesso tempo originale il suo punto di vista. Il brano è Reincarnated, in cui il rapper evoca il suo legame con la musica black da cui deriva il genere del quale fa parte. Lo fa attraverso la metafora della reincarnazione di grandi artisti della scena black che tornano in vita attraverso di lui. Chitarristi blues come John Lee Hooker, ma anche figure come Billie Holiday, che raccontano loro stessi, le loro enormi potenzialità ma anche le problematiche che li hanno sempre accompagnati nella loro vita personale ed artistica. Una sorta di affermazione di come la black community debba tornare a guardare quei pilastri che di fatto ne hanno creato le fondamenta, ripartire da lì senza perdersi o lasciarsi manipolare o plasmare all’interno di comodi stampini.
Il titolo del disco, GNX, è il modello della macchina a cui Kendrick è appoggiato nella foto di copertina. La macchina che sognava da piccolo. Lungi dall’essere un segno di appagamento però, quell’auto, quella muscle car classe 1987, anno di nascita del rapper, ne rappresenta la necessità di continuare il viaggio. Ed essendo una Muscle Car, di farlo con determinazione e forza.
Kendrick vuole arrivare a più gente. Ma è tutt’altro che domo.