Il voto di ieri del parlamento francese sul trattato di libero scambio con i paesi del Mercosur, che comprende Brasile, Argentina, Paraguay, Uruguay e Bolivia, è un voto principalmente simbolico. Il primo ministro lo ha chiesto per mostrare l’unità della Francia nel rigettare l’accordo e ottenere così una giustificazione politica forte nell’opposizione che il paese intende fare a livello europeo. È sempre in quest’ottica che più di 600 parlamentari di ogni bordo politico hanno recentemente firmato un appello a Ursula von der Leyn perché rinunci a ratificare l’accordo raggiunto nel 2019 e da allora rinviato ripetutamente.
Per sperare concretamente di bloccarlo, però, Parigi ha bisogno di alleati che insieme rappresentino più del 35% della popolazione della Comunità. Oggi la Polonia ha confermato che esprimerà un voto contrario in Commissione e Austria, Paesi Bassi e Irlanda potrebbero seguirne presto l’esempio. Anche Roma potrebbe votare contro: tra tentennamenti vari, Giorgia Meloni ha detto informalmente che il trattato così com’è non è accettabile. Tra i paesi favorevoli ci sono invece Germania, Spagna e Portogallo, che vedono nel testo una possibilità di rilancio economico per l’Europa, che avrebbe così accesso a un mercato enorme: 780 milioni di persone a fronte di scambi valutati tra i 40 e i 45 miliardi di euro.
Rilancio economico, forse, ma a che prezzo? Un prezzo troppo alto a livello sanitario, ambientale e sociale, denunciano voci da sinistra, da sempre contrarie ad accordi di questo tipo, in cui il mercato viene di fatto prima delle persone. Negli ultimi anni, il ritorno in forza di temi come protezionismo e sovranità alimentare ha contribuito all’evoluzione delle posizioni di centro, destra ed estrema destra, generalmente favorevoli a questi accordi, soprattutto se negoziati da una posizione di forza. I più moderati vorrebbero in realtà semplicemente rinegoziare a favore dell’Unione certe clausole e spingono per la reciprocità delle norme sanitarie ed ambientali. Ad esempio sull’uso di pesticidi e OGM che allo stato attuale permetteranno di vendere in Europa, a prezzi più bassi, prodotti non conformi e potenzialmente pericolosi per la salute.
Per il primo ministro francese, più tentennante ad aprire un confronto diretto con la Commissione Europea, l’opposizione all’accordo è anche un tentativo di placare la collera degli agricoltori, che negli ultimi giorni hanno ripreso a manifestare. In realtà, le ragioni profonde del malessere agricolo non dipendono solo da certe clausole del trattato con i paesi del Mercosur, che è diventato il catalizzatore per le nuove proteste anche in vista delle elezioni sindacali di categoria indette a gennaio. Portare a casa un risultato, anche simbolico, su questo fronte, potrebbe quindi avere un impatto positivo sul livello di approvazione del governo. Anche se i principali sindacati agricoli hanno già invitato a una nuova manifestazione giovedì, ricordando al governo che le promesse fatte a gennaio sono rimaste sulla carta.