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Il piano israeliano per il futuro di Gaza

Occupazione militare, mercenari e segregazione. Il piano israeliano per il futuro di Gaza

Per provare a immaginare il post guerra nella striscia di Gaza, bisogna guardare al nord. E’ qui, probabilmente, che il governo israeliano sta provando ad attuare il piano per il futuro, per poi estenderlo al resto dell’enclave. Prima l’assedio e l’espulsione dei palestinesi, mentre coloni e ministri israeliani parlano con sempre più convinzione del cosiddetto piano dei generali, per svuotare e rioccupare la striscia. A questo punto, però, si apre un tema: come gestire chi resta? E’ sempre più chiaro che, per il governo israeliano, la gestione palestinese della striscia di Gaza è fuori questione e la prossima settimana la Knesset voterà una mozione per mettere al bando l’Unrwa. Così, questa settimana il gabinetto di sicurezza ha esaminato la proposta di un’azienda americana. Si tratta della Global Delivery Company, che lo stesso direttore – l’israelo-statunitense Mordechai Kahana descrive come “l’Uber delle zone di guerra”. Si tratta sostanzialmente di mercenari che hanno lavorato già in Afghanistan dopo l’11 settembre, in Iraq e in Siria. Tra gli agenti figurano ex ufficiali di alto rango dell’esercito israeliano e americano. La proposta è questa: costruire comunità chiuse, recintate, dove i palestinesi che vi vivono verranno schedati e nelle quali potranno ricevere aiuti umanitari dopo essersi sottoposti a esami biometrici. I contractors americani gestiranno gli aiuti e la sicurezza che verrebbero così privatizzati e ogni responsabilità legale e morale verrà trasferita a queste compagnie di mercenari che altro non hanno come obiettivo se non il profitto. Già durante l’esperienza della Gdc negli altri contesti di guerra era stato sollevata la questione del rispetto del diritto internazionale. In un’intervista con il giornale israeliano Ynet, Mordecai Khana, ha detto: “se succede qualcosa, manderemo un messaggio ai residenti di Gaza: non volete mettervi contro di noi”. Fuori da queste “bolle umanitarie” come le chiama il governo israeliano, ci saranno probabilmente avamposti militari o colonie israeliane. Una sorta di versione 2.0 della Cisgiordania. L’idea, che verrà votata a breve dalla Knesset, è quella di iniziare dal nord come progetto pilota e poi estendere. Netanyahu ha ben chiaro quale sarà il futuro della striscia: comprende occupazione militare, mercenari, insediamenti e segregazione razziale. E nessuna traccia di autodeterminazione palestinese.

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    Martina Stefanoni
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    Il calciatore Stephane Omeonga ha detto oggi di avere avuto conferma dalle auorità di Israeliane di non essere su alcuna black list di Tel Aviv. Con questa motivazione era stato fatto scendere da un aereo diretto in Israele in partenza da Roma e la Polizia, si vede in un video, aveva usato con lui le maniere forti. Non solo: il calciatore belga di origine congolese, in forza a una squadra israeliana, aveva denunciato di essere in seguito stato picchiato dagli agenti che lo avevano fermato. La polizia nega e aveva fatto sapere informalmente che il motivo per cui era stato fatto scendere dall’aereo fosse la black list. I modi della polizia italiana erano pochi mesi fa stati denunciati dagli organismi dell’unione europea che si occunano di monitorare le attività delle forze di polizia. I nostri agenti sarebbero responsabili di diversi atti di profilazione razziale, ossia discriminazione in base al colore della pelle. Omeonga ha 28 anni e in passato ha giocato in Italia, vestendo anche la maglia del Genoa. Abbiamo intervistato Claudio Onofri, ex capitano del Genoa, bandiera della squadra rossoblu.

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    Sono 50, secondo i dati della Questura di Milano, le persone che la notte di Capodanno sono state allontanate dalle zone rosse istituite in città. Si tratta di aree dove chi ha precedenti penali o ha atteggiamenti aggressivi o sospetti può essere allontanato, su decisione degli agenti di polizia presenti in piazza. Le zone rosse sono state istituite dalla prefettura e hanno suscitato la reazione molto negativa dalla Camera Penale: secondo gli avvocati, è un precedente pericoloso che mette a rischio le libertà individuali. Molto tiepida invece la politica. Sono poche le voci che si sono levate, anche da sinistra, contro un provvedimento che resterà in vigore per i prossimi tre mesi. Luigi Ambrosio ha intervistato il professore di criminologia della Statale di Milano Roberto Cornelli. Le zone rosse di Milano sono solo l’ultimo di una serie di provvedimenti securitari che, uniti alle riforme istituzionali volute dal governo, delineano un quadro preoccupante, spiega Cornelli:

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