Google ha firmato un accordo con Kairos Power, società che costruisce piccoli reattori nucleari, per acquistare l’energia necessaria a soddisfare l’enorme fabbisogno dei suoi sistemi di intelligenza artificiale. Martina Stefanoni ne ha parlato con Gianluca Ruggeri, autore della nostra trasmissione Il Giusto Clima.
L’accordo prevede la fornitura di piccoli reattori nucleari che dovrebbero entrare in funzione entro il 2030 per soddisfare il fabbisogno energetico di Google, in costante crescita a causa dell’aumento dei consumi legati all’intelligenza artificiale. Google, non riuscendo più a coprire questa domanda energetica come avrebbe voluto attraverso fonti pulite, ha scelto di ricorrere all’energia nucleare.
Ma questa soluzione è davvero utile? Può essere risolutiva?
Concretamente, l’accordo prevede 500 megawatt in totale, il che corrisponde a meno del 15% dei consumi attuali di Google, e non a quelli previsti per il 2030. Se confrontiamo questa cifra con le installazioni fotovoltaiche nel mondo, attualmente si installano impianti capaci di produrre più di quanto verrà generato da questo accordo in meno di due giorni. Pertanto, non possiamo considerarla una soluzione risolutiva, ma piuttosto uno dei tentativi in corso.
Come spesso accade con il nucleare, ha fatto subito notizia, esattamente come era successo qualche settimana fa con l’accordo di Microsoft per la riattivazione di uno dei reattori della centrale di Three Mile Island, in Pennsylvania. Anche in quel caso, la riattivazione è prevista per il 2028, ma è subordinata a una serie di questioni non banali, tra cui una richiesta di prestito di 1,6 miliardi di dollari garantiti dal governo degli Stati Uniti.
Per quanto riguarda Google, la situazione è ancora più complessa. Si tratta di un progetto sulla carta, e attualmente non esiste alcun reattore che funzioni con questa tecnologia. Potremmo avere il primo reattore sperimentale nel 2027, a patto che vengano risolte varie questioni, tra cui l’ottenimento dell’autorizzazione dalla Commissione di regolazione nucleare statunitense, che non è ancora stata presentata. In sostanza, al momento non ci sono né un reattore funzionante né l’autorizzazione per costruirne uno.
Perché è stato fatto questo accordo se, di fatto, l’energia che potrebbero ottenere sarebbe così poca?
Il 13% non è poco; è comunque qualcosa. Sicuramente, parlare di nucleare attira subito l’attenzione. In questo modo, si sposta un po’ l’attenzione dal fatto che Google, così come Microsoft e altri giganti dell’hi-tech, non sta raggiungendo gli obiettivi di decarbonizzazione fissati negli ultimi anni. Orientare il discorso verso un orizzonte a medio termine permette quindi di distrarsi rispetto ai traguardi non ancora raggiunti di oggi.