Il sei e il nove agosto 2025 saranno 80 anni da quando due bombe atomiche statunitensi hanno causato duecentoquarantamila morti a Hiroshima e Nagasaki.
Da allora se nessuna arma nucleare è stata usata in guerra, il merito va ai vincitori del Nobel per la pace 2024.
Perché con i loro racconti gli Hibakusha “hanno contribuito all’istituzione del tabù nucleare”.
Ma quel tabù oggi è messo in discussione, avverte l’Accademia del Nobel. La minaccia dell’uso di una bomba atomica è stata infatti spesso sbandierata dai leader russi e nordcoreani.
Oltre alle parole ci sono poi i numeri: su circa dodicimila testate atomiche esistenti al mondo, 2000 sono messe in stato di massima allerta operativa su missili balistici. La corsa all’atomica ha un costo enorme: i nove Paesi dotati di questi ordigni hanno speso nel 2023 novantuno miliardi di dollari, undici miliardi in più rispetto al 2022.
Questo triste primato è detenuto da anni da Usa e Russia. L’assegnazione del Nobel per la Pace ai sopravvissuti di Hiroshima e Nagasaki è un messaggio a tutta l’umanità perché “Nonostante la sofferenza fisica e i ricordi dolorosi – si legge nella dichiarazione – i sopravvissuti hanno scelto di usare la loro esperienza per promuovere la speranza e la pace.
Questo premio racchiude infatti la nostra storia, le nostre paure, i nostri peggiori incubi. E di fronte a ciò ci accorgiamo che la pace è la sola battaglia che meriti di essere combattuta”.
Alla vigilia c’è chi avrebbe voluto un premio legato alla stretta attualità. Ma Nihon Hidankyo non vive nel passato. Ha condiviso idealmente il Nobel con i palestinesi della Striscia di Gaza. Durante una conferenza stampa a Hiroshima, Tomoyuki Mimaki, capo dell’organizzazione, ha dichiarato: “La situazione a Gaza dove vediamo bambini insanguinati è come il Giappone di 80 anni fa”.
Il Premio Nobel per la pace a Nihon Hidankyo, l’organizzazione dei sopravvissuti alle bombe atomiche
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Autore articolo
Chawki Senouci