La Biennale d’Aix a Aix-en-Provence presenta quest’anno un importante focus sul Libano. Dopo una prima parte fra aprile e giugno, la seconda parte della Biennale è in corso dal 21 settembre al 14 dicembre. La cornice all’interno della quale il Libano figura quest’anno come paese invitato è rappresentata naturalmente dagli storici rapporti con la Francia, ma, più specificamente, l’attenzione per il Libano celebra due decenni di cooperazione decentralizzata tra Aix-en-Provence e la città di Baalbek, a 65 km a est di Beirut, nella valle della Beqa, famosa per le rovine dei templi romani. Anche la valle della Beqa è oggetto di bombardamenti israeliani.
Il focus cade in un momento in cui è particolarmente importante uno sguardo sul Libano che ci aiuti a vedere il paese al di là della pura e crudele cronaca della guerra e che ne restituisca la complessità e la ricchezza, di cui fa parte una forte e moderna consistenza culturale e artistica, che la Biennale d’Aix perlustra con un approccio multidisciplinare.
Yuksek è un affermato musicista, produttore, compositore di musiche da film francese, ma habitué di Beirut e dei suoi club, e la Biennale d’Aix fa conoscere un aspetto inedito del suo talento artistico presentando la sua prima mostra fotografica Beirut Ma Bet Mout, che significa “Beirut non muore mai” ed è anche il titolo di un brano di Yuksek, inserito nel 2020, dopo l’esplosione al porto di Beirut, in una compilation realizzata a sostegno degli abitanti della città.
In programma, poi, quattro letture di estratti dal libro dello scrittore franco-libanese Charif Majdalani sulla catastrofe di quattro anni fa. Il cui titolo in italiano suona Beirut 2020, diario di un collasso.
C’è poi una mostra di foto tratte da album di fotoricordo di famiglie libanesi, selezionate dall’artista Chaza Charafeddine e accostate a foto di famiglie d’Aix. È previsto poi un incontro su cinema e architettura sull’immagine di Beirut. Inoltre, una creazione sonora a partire dall’incontro con donne di Beirut e d’Aix che hanno raccontato la loro esperienza delle rispettive città. Non manca un omaggio allo stilista Rabih Kayrouz, così come, in dicembre, è annunciata una mostra di artisti visivi libanesi.
Non ultima fra le proposte alla Biennale d’Aix, un concerto che si dovrebbe tenere il 13 dicembre. Il condizionale, date le circostanze attuali, è d’obbligo. Protagonista, Mayssa Jallad, che dovrebbe esibirsi anche il 5 dicembre nell’ambito delle Transmusicales di Rennes, una delle manifestazioni più importanti in Francia per le novità musicali.
La cantante Mayssa Jallad ha due grandi interessi: la musica e l’architettura. Il lavoro che dovrebbe presentare in Francia è alla confluenza delle due. La performance, intitolata Marjaa: The Battle of the Hotels, presenterà l’album dallo stesso titolo, realizzato in collaborazione con il produttore Fadi Tabbal, di cui abbiamo parlato la settimana scorsa a proposito di SNAKESKIN, il suo gruppo con la cantante Julia Sabra. Sia Tabbal che Sabra dovrebbero essere nel gruppo che sarà in scena con Mayssa Jallad.
La cantante ha studiato architettura all’American University di Beirut e, nel 2017, ha conseguito un master in conservazione storica alla Columbia University negli Stati Uniti, con una tesi sulla battaglia degli hotel, che si svolse all’inizio della guerra civile libanese, tra l’ottobre ’75 e il marzo ’76, e il cui esito definì la famosa linea verde, che per 15 anni divise Beirut est da Beirut ovest. Una battaglia unica nel suo genere per il ruolo che gli edifici vi giocarono.
L’album parte dalla storia dell’area occupata, poi dagli alberghi, teatro della battaglia, con le forze contrapposte che si sparavano tra un edificio e l’altro. Successivamente, c’è stata la discutibile ricostruzione della zona della linea verde e la speculazione. L’album, con una molteplicità di valenze, vuole essere, fra l’altro, una lezione di storia per i più giovani, ma anche un lavoro di memoria sulle atrocità della guerra, che intanto si è riaffacciata una volta di più nella realtà di un paese tormentato da decenni.