Il Blitz di Giorgia Meloni è stato bloccato per ora. La presidente del consiglio ci riproverà, vuole mandare alla Consulta Francesco Saverio Marini, il suo consigliere giuridico, l’architetto del premierato. Il gioco è chiaro: la Corte Costituzionale dovrà verificare la legittimità dei quesiti referendari sull’autonomia differenziata e sulla cittadinanza e Giorgia Meloni vuole una persona di sua fiducia in grado di influire su queste decisioni, ma è un gioco che non riguarda solo lui. In dicembre è prevista l’elezione di altri due giudici della Consulta. L’obiettivo di Meloni è di prendere anche queste poltrone. Un’operazione dal sapore trumpiano, così come l’ex presidente durante i suoi anni alla Casa Bianca ha spostato verso destra gli equilibri della Corte Suprema degli USA, nominando giudici ultracattolici. Anche la leader di Fratelli d’Italia vuole una Corte che sia il più possibile allineata ai progetti del suo governo. Le differenze tra sistema americano e quello italiano sono notevoli, ma lo spirito è lo stesso di Trump: l’occupazione delle istituzioni.
In pratica, mutatis mutandis, Giorgia Meloni vorrebbe fare con la Consulta quello che ha già fatto con la RAI. La composizione della Corte Costituzionale lo stabiliscono oltre al Parlamento anche il Presidente della Repubblica e la magistratura, ma è evidente che per lei è fondamentale poter condizionare i lavori dell’alta Corte. Superato lo scoglio della finanziaria, la prova maggiore per il suo governo potrebbero essere proprio i referendum. Se dovessero essere approvati alla Consulta, si andrebbe al voto nel 2025 in una data scelta dal governo che difficilmente potrà evitare di accorparli. In un referendum votare nello stesso giorno per l’autonomia differenziata e la cittadinanza potrebbe significare il raggiungimento del quorum. Il rischio di una sconfitta per il suo governo sarebbe quindi concreto. Per questo bisogna creare le condizioni affinché la Consulta bocci i quesiti.