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La preoccupazione per la libertà di stampa in Italia, Netanyahu atteso al Congresso degli Stati Uniti e le altre notizie della giornata

Il racconto della giornata di mercoledì 24 luglio 2024 con le notizie principali del giornale radio delle 19.30. Il presidente della Repubblica Mattarella ha deciso di alzare i toni a difesa della libertà d’informazione in Italia. L’Europa è preoccupata per lo stato di diritto in Italia che scivola verso il modello ungherese. Nella serata americana il primo discorso di Joe Biden dopo il ritiro dalla corsa presidenziale e l’intervento al Congresso del premier israeliano Netanyahu.

Il Presidente Mattarella alza i toni a difesa della libertà di stampa

Il presidente della Repubblica Mattarella ha deciso di alzare i toni a difesa della libertà di informazione in Italia. 
Teme pressioni autoritarie attorno alla libera stampa, così come teme le violenze che hanno colpito i giornalisti, per ultimo il cronista della Stampa di Torino, Andrea Joly.
“I giornalisti si trovano ad esercitare una funzione di carattere costituzionale”, ha detto Mattarella esaltando il ruolo del cronista.
“Ogni riduzione della libera informazione a fake news – ha aggiunto il capo dello stato – è un atto eversivo contro la Repubblica”.
Mattarella ha parlato oggi davanti ad una platea di giornalisti parlamentari.
Da Roma, Anna Bredice:


Mattarella ha parlato dei giornalisti come di coloro che esercitano “una funzione di carattere costituzionale che si collega all’articolo 21”. 
Che cosa significa?
Andrea Pertici, costituzionalista:

 

Le preoccupazioni europee per lo stato di diritto in Italia

(di Michele Migone)
L’Europa è preoccupata per lo stato di diritto in Italia, allarmata per lo scivolamento verso il modello ungherese. Boccia le riforme varate dal governo Meloni, prima tra tutte il premierato perché mette a rischio il bilanciamento dei poteri dello stato. Nel suo rapporto annuale, la Commissione cita la giustizia ma soprattutto la libertà di stampa come i punti più critici. La separazione delle carriere dei magistrati, l’abolizione del reato di abuso d’ufficio, l’impatto sulla lotta alla corruzione, la mancanza di una legge sul conflitto di interessi per quanto riguarda la giustizia. Più marcati i toni sulla libertà di stampa. Il Report della Commissione UE parla esplicitamente di un rischio di una restrizione del diritto dei cittadini ad essere informati e dei giornalisti di poterlo fare. Vengono citati i provvedimenti Nordio e l’emendamento Costa sul divieto di pubblicazione di estratti delle ordinanze cautelari, le querele per diffamazione nei confronti dei giornali e le minacce dei politici di denuncia nei confronti dei giornalisti; nel rapporto c’è un capitolo dedicato alla Rai. Si parla di inquietudine per le nomine dei vertici della radiotelevisione di stato e si chiede – come fatto ripetutamente in passato, specifica la commissione – che si metta la Rai di essere indipendente dal potere politico. Il report, la cui pubblicazione è stata rimandata dopo il voto di conferma di Ursula Von Der Layen all’Europarlamento, descrive la gravità della situazione italiana e indica i passi fatti in questi mesi dal governo Meloni, passi che per quanto riguarda lo stato di diritto, allontanano Roma da Bruxelles e l’avvicinano a Budapest.

 

Le proteste contro l’occupazione della Rai da parte del governo

Uno dei nodi cruciali parlando di libertà di stampa a rischio in Italia è l’occupazione della Rai da parte della maggioranza e in particolare da Fratelli d’Italia. Tanto da parlare ormai di “Telemeloni”.
Oggi le opposizioni hanno scritto una lettera ai presidenti di Camera e Senato, Fontana e La Russa.
Denunciano l’informazione a senso unico del servizio pubblico e denunciano il comportamento della maggioranza nella commissione parlamentare di vigilanza sulla Rai. “C’è un progressivo e inquietante silenziamento di ogni richiesta delle opposizioni in commissione”, hanno scritto.

 

Kamala Harris non parteciperà al Congresso degli Stati Uniti che ospiterà Netanyahu

Nella serata americana è atteso il primo discorso di Joe Biden dopo il ritiro dalla corsa presidenziale: spiegherà alla nazione il motivo della sua decisione. La campagna elettorale di Kamala Harris, nonostante la nomination non sia ancora stata formalizzata, è intanto già iniziata: piovono donazioni, i sondaggi la premiano, oggi parlerà da Indianapolis. E non sarà a Washington, dove tra circa mezz’ora, davanti al congresso, interverrà il premier israeliano Netanyahu. Harris, e con lei diversi deputati democratici, non saranno presenti in aula.

(di Roberto Festa)
Doveva essere, per Benjamin Netanyahu, il momento della gloria, della consacrazione del suo ruolo di garante dei rapporti di amicizia tra Stati Uniti e Israele. Rischia di trasformarsi nella manifestazione più visibile del carattere divisivo del primo ministro israeliano. Rischia di trasformarsi in un promemoria, all’America e al mondo, dell’accusa mossa a Netanyahu di essere un criminale di guerra. Benjamin Netanyahu parlerà tra poco davanti a un Congresso profondamente diviso sulla sua figura. Saranno molte le defezioni tra i democratici. Mancherà tutta la sinistra Bernie Sanders, Alexandria Ocasio Cortez, Ilan Omar, Rashida Tlaib, l’unica deputata di origini palestinesi americane. Ma non ci sarà anche Richard Durbin, il numero 2 dei democratici al Senato. Non ci sarà Nancy Pelosi, che ha detto che Netanyahu non andava invitato. Defezioni anche tra i repubblicani. Non sarà a Capitol Hill JD Vance, il candidato repubblicano alla presidenza, che cita impegni elettorali già presi. Anche chi ci sarà, per esempio Jerrold Nadler, deputato di New York, dice di farlo solo ed esclusivamente in segno di rispetto per Israele, non per il suo primo ministro. La situazione è così tesa che mike johsono, lo speaker della camera che ha avuto la pensata dell’invito a Netanyahu, per esibire le divisioni dei democratici su Israele, è ora costretto a minacciare di arresto chiunque, sugli spalti del pubblico, protesti contro il discorso. Discorso che avviene in una Washington impegnata in tutt’altro – la campagna elettorale – e che si trasforma dunque in un disastro mediatico per Netanyahu. Più che l’esibizione del suo potere, il segno della sua fine.

E mentre Netanyahu è in visita negli stati uniti, a Gaza almeno 150mila palestinesi sono in fuga da Khan Younis: da alcuni di giorni la città è teatro di una massiccia offensiva di terra dell’esercito israeliano. Nell’area, fino a poco fa indicata alla popolazione come zona sicura dallo stesso esercito, si contano già circa 120 vittime. I feriti sono centinaia. L’ospedale Nasser, l’unico operativo in città, ha fatto un appello alla donazione di sangue per le trasfusioni: ma nel pomeriggio ha fatto sapere che la maggior parte dei volontari che si sono presentati non sono idonei, in quanto malnutriti.

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    Redazione
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