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Stellantis continua a smantellare in Italia, lo scontro tra governo e magistrati e le altre notizie della giornata

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Il racconto della giornata di mercoledì 27 marzo 2024 con le notizie principali del giornale radio delle 19.30. Dopo i 2000 esuberi annunciati ieri, Stellantis ha annunciato oltre 3500 uscite volontarie incentivate. Il ministro della Giustizia Nordio ha annunciato una riforma per separare le carriere dei magistrati. Mentre infuriano le polemiche sulla magistratura, continua la mattanza dei suicidi in carcere. Il 70% della popolazione nel nord della striscia di Gaza soffre la fame. Un violento attacco missilistico ha colpito condomini e infrastrutture critiche della città di Charkiv. Oggi era la giornata mondiale del teatro e in Italia lavoratrici e lavoratori del settore hanno deciso di levare ancora una volta un grido di protesta

Stellantis mira a dimezzare la produzione in Italia

(di Massimo Alberti)
Dopo i 2000 esuberi annunciati ieri, oggi altre 1550 uscite concentrate negli stabilimenti del sud, con il benestare di un pezzo del sindacato. La Fiom anche questa volta non ha firmato. Tra ieri e oggi sono state annunciate oltre 3500 uscite volontarie incentivate. Quelle di oggi sono prevalentemente negli stabilimenti di Melfi, Pomigliano d’Arco, Termoli. Quelle di Ieri tra Mirafiori (il 10% della forza lavoro rimasta) e Cassino.
In un disimpegno programmato che arriva nel deserto di politica industriale del governo.
Certo, ufficialmente non sono licenziamenti, ma “uscite incentivate”, come le 15mila proposte a novembre. Ma la logica è che senza chi le fa, le macchine dall’Italia non arriveranno di certo. Di fatto è un costante disimpegno di Stellantis dall’Italia, che accelera di mese in mese. Dallo stabilimento Maserati di Grugliasco venduto su un sito di annunci immobiliari, al costante ricorso agli incentivi. Se la guardiamo dal cuore, o meglio quello che era il cuore di Fiat, perché nei bar di Torino la si chiama ancora così, la regressione dello stabilimento di mirafiori è impressionante. Oltre 60mila operai nel 1971, 36mila nel 1988, 25mila nel 2001,19mila nel 2014 quando nasce FCA. Oggi a Mirafiori lavoravano circa 11mila persone. Un milione di auto all’anno negli anni Sessanta e Settanta, 216mila nel 2006, 22mila nel 2019, che grazie alla 500 elettrica risalgono a 88mila nel 2022, ma calano di quasi il 10% nel 2023. Vengono dismesse la Punto, l’Idea, la Musa, la Thesis e la Multipla. Ma intanto Stellantis continua a investire all’estero, mentre in Italia va a caccia di contributi pubblici per restare, e nel frattempo dismette. Il problema è duplice: politico e industriale. Al di là della gestione della ex Fiat, che quel cuore ormai ce l’ha altrove, in Francia, l’Italia non è certo un paese attrattivo per gli investimenti in questo settore, con un governo sull’orlo del negazionismo climatico e senza uno straccio di politica industriale verso la transizione, dove ormai guardano tutti i produttori, legata mani e piedi alla monocoltivazione ex fiat che certo non invita agli investimenti esteri. E così perde i pezzi pregiati: Magneti Marelli, o Gkn lasciata alla speculazione immobiliare. Mentre a forza di fusioni e finanza, Stellantis fa registrare profitti record come gli utili distribuiti agli azionisti e “neanche un euro di tasse versato in Italia” ricorda il deputato di Alleanza Verdi Sinistra Marco Grimaldi. E così si va avanti con l’inesorabile disimpegno, tra uscite incentivate e botte di cassa integrazione per scaricare i costi sulla collettività.
I numeri dicono chiaramente che Stellantis ha in programma di dimezzare la propria produzione in Italia. Per spostarsi sempre più all’estero: Turchia, Serbia, Nord Africa. Una migrazione in atto da tempo, che porterà il gruppo ad aumentare la propria produzione, mentre il marchio Fiat vedrà in Italia circa il 22% della produzione del gruppo, era oltre la metà nel 2022.

Lo scontro tra governo e magistratura

(di Anna Bredice)
Neanche il tempo di far posare tutte le polemiche e i giudizi sui test psicoattitudinali dei magistrati che Carlo Nordio mette sul tavolo l’altro asso delle promesse meloniane e cioè la separazione delle carriere dei magistrati, anche questo come i test psicoattitudinali è un cavallo di battaglia di Forza Italia da molti anni. Oggi Nordio durante il Question time ha annunciato che la riforma verrà presentata entro il mese di aprile o al massimo a maggio e che, trattandosi di una riforma radicale, occorrerà cambiare la Costituzione, né deriverà un iter parlamentare lungo che si intreccerà con quello del premierato, altro punto centrale delle promesse del governo di destra. Il ministro della Giustizia parla di un testo “imminente” che potrebbe essere pronto in uno dei primi Consigli dei ministri di aprile, giusto in tempo per rendere ancora più acceso e al centro delle attenzioni il Congresso dell’Anm previsto a maggio. Separazione delle carriere con la separazione anche del Csm che diventerebbero due, senza più la guida del Capo dello Stato, che ora lo presiede. L’annuncio di Nordio non è stato accolto con entusiasmo, naturalmente bocciato dall’opposizione, ma anche da chi è ancora più favorevole del ministro alla separazione delle carriere, è il caso di Enrico Costa di Azione, ad esempio, che si lamenta del fatto che si andrebbe più verso l’obiettivo della separazione tra Pm e giudici se si votasse il testo presentato già da tempo in Parlamento, e ritiene che il rischio sia di dilatare ancora di più i tempi, che si perda altro tempo in sostanza. L’unica cosa certa è che tutti gli annunci di riforme ora sul tavolo accontentato tutti partiti della maggioranza, in vista delle europee: l’Autonomia per Salvini, il premierato per Giorgia Meloni e la separazione delle carriere dei magistrati per Forza Italia.

Continua la strage nelle carceri italiane

Mentre infuriano le polemiche sulla magistratura, continua la mattanza dei suicidi in carcere.
Oggi nel penitenziario di Sassari si è tolto la vita un detenuto di 52 annni. L’uomo era appena rientrato in carcere dopo un periodo trascorso in ospedale.
E’ il ventisettesimo caso di suicidio in un carcere italiano dall’inizio dell’anno. Uno ogni tre giorni.

A Gaza non si fermano i bombardamenti israeliani

Il 70% della popolazione nel nord della striscia di Gaza soffre la fame. E’ l’ennesimo appello lanciato dal Programma Alimentare Mondiale, che spiega che se la situazione non cambierà, entro maggio la carestia sarà catastrofica. A due giorni dalla risoluzione dell’Onu che chiede un cessate il fuoco immediato, nella striscia di Gaza i bombardamenti non si sono mai fermati e si sono concentrati sul sud della striscia.

In queste ore ci sono stati diversi morti a Rafah e Khan Younis, e qui continua l’assedio dei due principali ospedali Nasser e Amal, oltre che quello dello Shifa di Gaza City, che viene definito dai testimoni “una zona di guerra”. Prima facevi riferimento alla fame. L’ingresso degli aiuti nella striscia era tra i punti fondamentali della risoluzione votata lunedì, e ancora non messa in pratica. Oggi anche il capo della diplomazia dell’Ue Borrell ha ribadito la necessità di far entrare più aiuti via terra, anche perché il lancio degli aiuti dagli aerei si sta rivelando sempre più controproducente. Sono almeno 18 i palestinesi morti affogati nel tentativo di recuperare gli aiuti caduti in mare. Intanto secondo fonti egiziane Israele starebbe pianificando l’invasione di Rafah per la fine del ramadan, tra metà aprile e inizio maggio. Una decisione che – se confermata – non farebbe che amplificare lo scontro tra il governo israeliano e la comunità occidentale, in particolare gli Stati Uniti. In questi giorni sarebbe dovuta arrivare a Washington una delegazione israeliana proprio per discutere di questo aspetto, ma Netanyahu l’ha bloccata come protesta per l’astensione statunitense al voto del consiglio di sicurezza. Oggi intanto anche il fronte nord, con il libano, è stato per il secondo giorno di fila piuttosto caldo. Sei persone sono state uccise e diverse altre sono rimaste ferite in un raid israeliano nel sud del Libano e il timore di un’escalation in quest’area è sempre più concreto.

I missili russi su Charkiv

“Il terrore russo contro Kharkiv sta diventando particolarmente vile”. Lo ha detto oggi il presidente Ucraino Zelensky dopo che un attacco missilistico contro la città nell’est del paese ha colpito condomini e infrastrutture critiche, provocando almeno 19 feriti e un morto. Nelle scorse ore l’esercito ha colpito anche la città meridionale di Mykolaiv.
In Russia intanto si continua a sostenere la pista ucraina per quanto riguarda l’attentato del crocus city hall di Mosca. Il bilancio dei morti è salito a 140 e il ministero degli esteri russo ha detto oggi che è difficile credere che l’Isis-k sia riuscito a fare tutto questo da solo. Il parlamento russo ha chiesto oggi di indagare su possibili finanziamenti occidentali a gruppi terroristici, dopo che da ieri, è stato sollevata – senza fornire prove – l’ipotesi del coinvolgimento di Stati Uniti, regno unito e Ucraina nell’attentato.

La protesta dei lavoratori del teatro

(di Ira Rubini )
A Bologna e a Roma si sono tenute due assemblee a cui hanno aderito centinaia di artisti e artiste, oltre a molte altre funzioni del teatro. Sarcasticamente, hanno decretato lo “stato di disastro” culturale italiano. Molti hanno portato un legno, per accendere ideali fuochi su temi di cui i collettivi culturali discutono da più un anno, anche dopo i fatti del Teatro di Roma e in vista della nuova legge sullo spettacolo, che minaccia di “musealizzare” ulteriormente il settore. Il manifesto “Vogliamo tutt’altro“ li riassume: dal diritto allo spazio pubblico e alla sperimentazione, alla riduzione della burocrazia e dell’arroganza istituzionale; dall’indennità di discontinuità alla pensione, dalla nomina di donne alla guida dei teatri nazionali al sostegno al contemporaneo e alla lotta al lavoro artistico sottopagato. Fra i “vogliamo” anche il cessate il fuoco immediato a Gaza e lo stop al genocidio. Il messaggio si conclude con un richiamo che echeggia la mai abbastanza rimpianta fantasia al potere: “Vogliamo tutt’altro e abbiamo la forza per immaginarlo!”

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