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I bambini di Gaza muoiono di fame

bambini di Gaza sul luogo di un bombardamento

I bambini di Gaza muoiono di fame. Letteralmente. Non solo le bombe li uccidono ma anche la mancanza di cibo. L’Oms ha denunciato che almeno dieci bimbi sono morti negli ultimi giorni perché non avevano nulla da mangiare da troppo tempo. Alessandro Principe ha intervistato Andrea Iacomini, portavoce dell’Unicef, l’agenzia dell’Onu a tutela dell’infanzia

Quella che fino ad oggi abbiamo chiamato una catastrofe, in realtà, oramai molto di più: i bambini stanno pagando un prezzo altissimo; non muoiono soltanto sotto le bombe, non muoiono soltanto dopo delle ferite molto gravi ,ma muoiono perché da settimane, e oramai da mesi purtroppo, la la condizione della loro alimentazione, la malnutrizione, oramai è ampiamente diffusa ed è arrivata a condizioni veramente difficili. Tutte quante le strutture all’interno della striscia di Gaza sono allo stremo: non funzionano gli ospedali e manca la possibilità di portare gli aiuti in maniera continuativa. In tutto questo purtroppo i bambini che sono l’anello debole, pagano dei prezzi altissimi veramente. Il livello di preoccupazione ha superato ogni limite.

Le atrocità sono comuni alle guerre. Voi vedete in questa situazione particolare qualcosa di ancora più terribile? Cioè vi colpisce in modo particolare rispetto all’esperienza che come Unicef voi avete anche in altre situazioni?

Diciamo che i bambini pagano prezzi altissimi dovunque. Attualmente nel mondo ci sono 500 milioni di bambini che vivono in zone di conflitti, tra sfollamenti, bombardamenti e soprattutto traumi psicologici, per cui non si parla soltanto di ferite da armi oppure i bambini uccisi oppure come nel caso di Gaza di un tasso di malnutrizione altissimo: i bambini subiscono traumi psicologici. Parliamo dei bambini israeliani che hanno visto quello che hanno visto a ottobre, come dei bambini palestinesi, come i bambini in altre parti del mondo di cui non si parla minimamente: pensiamo per esempio ai milioni di bimbi sfollati in Sudan, a quelli che stanno per subire una guerra senza precedenti in Congo, a quelli che ancora vedono i bombardamenti in Siria (di cui non si parla più). Le guerre sono tutte uguali, il numero dei bambini coinvolti è altissimo ed è chiaro che in questo contesto, con questi numeri e con la situazione che abbiamo di fronte Gaza è un po’ l’emblema di questa sofferenza. Noi chiediamo con forza un cessate il fuoco immediato e la possibilità di soccorrere questi bambini: oggi non si può più aspettare. Questo sicuramente per quanto riguarda Gaza è fondamentale. Però è chiaro e non è retorica, come qualcuno vuol far sembrare. È importante che le guerre finiscano ovunque.

Solo grazie a un cessate il fuoco si potrebbe garantire assistenza ai bambini? Non si riesce con gli aiuti e con il personale lì in questo momento? La situazione attuale lo impedisce?

No, no, i nostri team stanno lavorando: abbiamo i team sia nel nord che nel sud del del Paese, chiaramente. Noi siamo presenti da sempre e abbiamo iniziato a operare da subito. Ma è chiaro che per come si stanno mettendo le cose, per la gravità della situazione, al nord praticamente il 95% dei bambini sono malnutriti (la situazione è leggermente migliore al sud).  Immaginate quei genitori tutti ammassati al confine, che  vedono i loro figli in queste condizioni, con i visi pallidi e i volti languidi, e sanno che a 10 km basta fare entrare qualche camion per migliorare la situazione… C’è una difficoltà sicuramente a far entrare un numero maggiore di aiuti, alcune zone sono bloccate in altre chiaramente sono sottoposti a controlli e altre ancora  sotto i bombardamenti a tappeto è difficile… Ma i nostri team, i nostri eroi (io li chiamo così) che sono lì, continuano,  con le difficoltà del caso a dare tutto il supporto necessario. Però manca tutto, perché è tutto al collasso, ormai non è più una catastrofe, è veramente una situazione per la quale i bambini subiscono non soltanto i bombardamenti, non soltanto la fame, come raccontiamo anche in queste ore, ma soprattutto traumi psicologici che si porteranno dietro per tutta la vita.

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    1) “Il mondo non deve lasciarsi ingannare: a Gaza il genocidio non è finito”. Il nuovo rapporto di Amnesty International ci chiede di non voltare la faccia dall’altra parte. (Riccardo Noury - Amnesty Italia) 2) Negligenza e corruzione. Cosa c’è dietro l’incendio del complesso residenziale di Hong Kong costato la vita a decine di persone. (Ilaria Maria Sala, giornalista e scrittrice) 3) Stati Uniti, l’attacco di Washington potrà avere effetti a lungo termine sulle politiche migratorie dell’amministrazione Trump e sulla vita di migliaia di migranti. (Roberto Festa) 4) Francia, dall’estate 2026 torna il servizio militare volontario. Il presidente Macron ha annunciato oggi quello che sembra più che altro un segnale politico e strategico. (Francesco Giorgini) 5) Spagna, una marea di studenti e professori in piazza a Madrid contro i tagli alle università pubbliche. La regione della capitale, guidata dalla destra, è quella che spende meno per gli studenti in tutto il paese. (Giulio Maria Piantedosi) 6) World Music. Entre Ilhas, l’album che celebra diversità e affinità musicali degli arcipelaghi della Macaronesia. (Marcello Lorrai)

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    L'Orizzonte è l’appuntamento serale con la redazione di Radio Popolare. Dalle 18 alle 19 i fatti dall’Italia e dal mondo, mentre accadono. Una cronaca in movimento, tra studio, corrispondenze e territorio. Senza copioni e in presa diretta. Un orizzonte che cambia, come le notizie e chi le racconta. Conducono Luigi Ambrosio e Mattia Guastafierro.

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    A Gaza il genocidio non è finito

    A oltre un mese dall’annuncio del cessate il fuoco nella striscia di Gaza, le autorità israeliane stanno ancora commettendo il crimine di genocidio nei confronti della popolazione palestinese. Un nuovo rapporto di Amnesty International, che contiene un’analisi giuridica del genocidio in atto e testimonianze di abitanti della Striscia di Gaza e di personale medico e umanitario, evidenzia come Israele stia continuando a sottoporre deliberatamente la popolazione della Striscia a condizioni di vita volte a provocare la sua distruzione fisica, senza alcun segnale di un cambiamento nelle loro intenzioni. Martina Stefanoni ne ha parlato con Riccardo Noury, portavoce di Amnesty Italia.

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    Un percorso attraverso la stratificazione sociale italiana, un viaggio nell’ascensore sociale del Belpaese, spesso rotto da anni e in attesa di manutenzione, che parte dal sottoscala con l’ambizione di arrivare al roof top con l’obiettivo dichiarato di trovare scorciatoie per entrare nelle stanze del lusso più sfrenato e dell’abbienza. Ma anche uno spazio per arricchirsi culturalmente e sfondare le porte dei salotti buoni, per sdraiarci sui loro divani e mettere i piedi sul tavolo. A cura di Alessandro Diegoli e Disma Pestalozza

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    Stuart Murdoch: "Il mio primo romanzo non è una biografia, ma racconta la mia storia e la storia della mia malattia"

    Il leader dei Belle & Sebastian racconta "L'impero di nessuno", il suo libro d'esordio, ai microfoni di Volume. Un libro che lui stesso definisce di autofiction: "La maggior parte delle cose che accadono a Stephen, il protagonista, sono successe anche a me". 10 anni fa, Murdoch aveva scritto una canzone con il medesimo titolo: "Il romanzo tocca gli stessi temi: Stephen ha un'amica del cuore, Carrie, entrambi hanno la stessa malattia e si sostengono e ispirano a vicenda". La malattia è l'encefalomielite mialgica: "Mentre scrivevo immaginavo il mio pubblico, e il mio pubblico era il gruppo di supporto per l’encefalomielite che frequentavo negli anni Novanta. Immaginavo di scrivere per loro, e questo mi ha aiutato a trovare il tono giusto". Ascolta l'intervista di Niccolò Vecchia a Stuart Murdoch.

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    Il 7 dicembre la Scala apre la stagione con l’opera censurata da Stalin

    Nel cinquantenario della morte di Šostakovič il Teatro alla Scala inaugura la Stagione con il suo capolavoro Una lady Macbeth del distretto di Mcensk, tratto dal racconto di Nikolaj Leskov in cui una giovane sposa con la complicità dell’amante uccide il marito e il tirannico suocero, ma viene scoperta e finisce per suicidarsi in Siberia, tradita da tutti. Dopo il debutto a San Pietroburgo, l’opera, che avrebbe dovuto essere il primo capitolo di una trilogia sulla condizione della donna in Russia, ebbe enorme successo in patria e all’estero. Stalin assistette a una rappresentazione a Mosca nel 1936; due giorni dopo apparve sulla Pravda la celebre stroncatura dal titolo “Caos invece di musica” con cui il regime metteva all’indice l’opera e il compositore. Anni dopo Šostakovič preparò una nuova versione che andò in scena a Mosca nel 1963 con il titolo Katarina Izmajlova, dopo che il sovrintendente Ghiringhelli aveva invano cercato di ottenerne la prima per la Scala. Oggi il Teatro presenta la versione del 1934 con la direzione del M° Chailly e il debutto del regista Vasily Barkhatov. Ascolta Riccardo Chailly nella presentazione dell’opera.

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