Il personale è politico. È questo vecchio ma sempre attuale slogan che viene in mente leggendo Difettucci, del fumettista americano di origini giapponesi Adrian Tomine (Edrien To’mi neh). Riproposto quest’anno in Italia da Rizzoli, è un romanzo che affronta con dei toni da dark comedy sentimentale e uno stile narrativo minimalista, quasi brusco, tutta una serie di questioni razziali e sessuali legate alla mascolinità contemporanea degli asiatico-americani. La storia ruota attorno a Ben Tanaka, un trentenne cinico, meschino, presuntuoso, bugiardo… Insomma, insopportabile! La sua ragazza di origini giapponesi, Miko Hayashi. E la sua migliore (e unica) amica sud-coreana, lesbica e sempre pronta a fare conquiste, Alice Kim.
Ben, che si dà grandi arie ed è pieno di spocchia ma gestisce di fatto un cinema d’autore a Berkeley che cade a pezzi ed è sempre meno frequentato, non fa che litigare con Miko, che decide di mettere in pausa la loro storia per qualche mese per andare a fare uno stage a New York. Tra le cause delle loro litigate ci sono spesso i feticci sessuali di Ben, attirato dalle bianche bionde e con gli occhi azzurri. Una vera ossessione, che Miko considera frutto del condizionamento mediatico che promuove i canoni di bellezza occidentali e che lui si rifiuta di vedere, come rifiuta di pensare di poter essere stato vittima di razzismo.
Per Tomine (To’ mi neh), che ha iniziato a pubblicare le sue prime storie brevi a 17 anni, nel ‘91, ed è oggi uno dei più importanti autori del fumetto indipendente nord-americano, quello di Difettucci è il primo racconto lungo e anche la prima volta in cui affronta apertamente la questione razziale. Intesa come il modo in cui le persone dai tratti asiatici vengono considerate all’interno de e si relazionano con, la società statunitense. Ben e Miko affrontano la cosa in modo molto diverso, quasi opposto, e la posizione di Ben ricorda quella dell’autore da giovane, che non voleva essere considerato un fumettista asiatico ma un semplice fumettista.
All’epoca pensava che ci fossero solo due modi di vedere le cose: o dire che la questione razziale non esisteva, e che se fosse esistita non avrebbe avuto alcun impatto sulla sua vita, o diventare un attivista convinto e lanciarsi in roboanti panegirici su ingiustizia e vari temi politici. La sua crescita personale lo ha spinto a capire che la questione è più sfumata ed è questa nuova consapevolezza che lo ha portato a scrivere Shortcomings, il titolo originale del romanzo.
Sin dall’inizio, ha deciso che non sarebbe stata una storia consolatoria e piena di buone intenzioni. Tutt’altro. La vita sentimentale di Ben e degli altri tocca temi provocanti e irritanti ma ben reali, che lo stile del disegno, fine e realistico, centrato sui personaggi dalle espressioni ben dettagliate, contribuisce a rendere credibili e concreti. Lontano dagli stereotipi che, soprattutto in America, vengono associati alle persone di origine asiatica nei film, nei romanzi e nella cultura di massa in generale. Dal 2007 a oggi le cose si sono leggermente evolute ma la differenza è minima. Anche per questo è un libro attualissimo, al punto da meritare una recente trasposizione cinematografica, e una piccola perla del fumetto americano.
Difettucci. Di Adrian Tomine. Traduzione di Pasquale La Forgia. 128 pagine in bianco e nero. Rizzoli Lizard, 17,50 euro.