Forza Italia, quel che resta di Forza Italia ossia poco più che un guscio vuoto, organizza un convegno a tema “l’eredità di Berlusconi a 30 anni dalla discesa in campo”. Ma è inutile leggere il programma. Gli eredi di Berlusconi stanno altrove. Stanno a Palazzo Chigi. L’erede principale di Berlusconi è Giorgia Meloni. Se la destra che si richiama al fascismo è al potere oggi lo deve a Berlusconi. Fu lui a rompere con la logica dell’arco costituzionale, a prendere i fascisti che erano emarginati e a farne un elemento centrale della sua architettura di potere. E non i fascisti per modo di dire: il Movimento Sociale venne “sdoganato”, parola che entrò allora nel lessico politico. Quelli che l’anno successivo alle elezioni politiche sarebbero stati i suoi principali avversari, i post comunisti di Occhetto, lo snobbarono, il giorno del discorso della “discesa in campo”. Lo derisero. “Dove vuoi che vada”. Berlusconi vinse e fu egemone per un ventennio. La cultura degli eredi del Pci era obsoleta, ancorata a un mondo che non esisteva più, sconfitto dalla Storia. Berlusconi incarnava invece perfettamente lo spirito dei tempi che in tutto l’occidente avrebbero portato al trionfo della politica del leader carismatico e populista. Mentre le fabbriche e l’economia della produzione venivano smantellate, tutto diventava immateriale, anche i partiti venivano chiusi, la politica si faceva liquida, e Berlusconi lo capì prima di altri. Donald Trump ha affermato che Berlusconi è stato il suo maestro ed è senza dubbio vero.
Con quel sogno di ricchezza per tutti, reso più caldo dalla calza di nylon sulla telecamera, l’abito da venditore che ce l’ha fatta, il sorriso ammiccante, sedusse milioni di persone che ambivano a un benessere senza pensieri e senza troppi sforzi. Berlusconi comprese un Paese che andava verso il declino e però voleva sentirsi ancora giovane e bello come ai tempi d’oro del “miracolo italiano” e propose un nuovo miracolo, di plastica, fondato sulla suggestione collettiva. Vinse, nonostante i suoi avversari ridessero di lui. Anzi, vinse anche perché ridevano di lui.
L’eredità di Berlusconi a trent’anni dalla sua discesa in campo
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Autore articolo
Luigi Ambrosio