La forza del capo. Il progetto di premierato del governo di Giorgia Meloni. L’elezione diretta del/della presidente del Consiglio. Alla destra italiana piace l’accentramento dei poteri in capo all’esecutivo, l’indebolimento del Quirinale e del Parlamento. L’obiettivo di Meloni: varare una riforma che manderà in soffitta un pezzo portante della Costituzione del 1948. Ed aprirà alla destra-che-non-vuole-dirsi-antifascista le porte di un nuovo arco costituzionale. Pubblica, la trasmissione di Radio Popolare condotta da Raffaele Liguori, ha dedicato al tema quattro puntate monografiche.
Terza Repubblica? È quella che, secondo la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, dovrebbe nascere se il progetto sul «premierato» verrà approvato dal parlamento e poi eventualmente anche dai cittadini con il referendum. L’estrema destra italiana – che ha tra i suoi padri fondatori il repubblichino di Salò Giorgio Almirante, tra i suoi padri sdoganatori l’imprenditore iscritto alla P2 Silvio Berlusconi e tra i suoi concorrenti il separatista xenofobo Umberto Bossi – è alla ricerca di un atto che la legittimi come forza costituzionale. Non più esclusa – e mi riferisco soprattutto alla componente post-missina di questa destra – da quell’arco costituzionale antifascista che scrisse la costituzione tra il 1946 e il 1947.
La Terza Repubblica pomposamente annunciata da Meloni – se mai verrà varata – sarà un trasferimento di potere in capo al futuro o alla futura presidente del consiglio. Un potere che deriva dall’investitura diretta da parte dell’elettorato. Un potere che potrà essere esercitato sulla vita del parlamento, sulla durata della legislatura. Ma a chi viene tolto il potere che si concentrerà su Palazzo Chigi? Al presidente della Repubblica (la nomina del presidente del Consiglio, il potere autonomo di scioglimento delle camere e la gestione delle crisi di governo). E al parlamento – che vivrà al traino del presidente del Consiglio – la cui maggioranza (il 55%) sarà l’esito dei voti che prenderà il/la candidato/a presidente.
Nella prima delle quattro puntate dedicate al progetto di modifica della Costituzione, Pubblica ha ospitato Stefania Limiti, giornalista e saggista e il costituzionalista Andrea Pertici, dell’università di Pisa.
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La Repubblica della «stabilità dei governi». È il primo obiettivo dichiarato della «riforma» Meloni della Costituzione. Lo ha scritto nei comunicati del Consiglio dei ministri. Ma che cos’è la stabilità di cui parla Meloni? Perchè la stabilità – nella versione meloniana – è associata ad una concentrazione di potere in capo al/alla presidente del Consiglio? Se la stabilità è un valore positivo, perché non assumerne dosi via via crescenti? Meglio di no, perchè si rischierebbe, in questo caso, la deriva verso un regime autoritario. E se, invece, al posto della narrazione sulla stabilità – pretesa da questa destra – considerassimo un’altra narrazione, quella che si basa sui concetti di rigidità/flessibilità della forma di governo? Nella seconda puntata dedicata al progetto Meloni, Pubblica ha ospitato Carlo Galli, filosofo politico che ha insegnato Storia delle dottrine politiche all’Università di Bologna, e Valentina Pazè che insegna Filosofia politica all’Università degli studi di Torino.
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Premierato e autonomia differenziata. Sta per nascere un Frankenstein costituzionale dall’incrocio tra il progetto di Giorgia Meloni e quello di Calderoli e della Lega? Da un lato l’elezione diretta del presidente del Consiglio che rompe i delicatissimi equilibri di potere tra parlamento, governo e presidenza della repubblica; un sistema di equilibri tra i poteri dello stato scritto nella Costituzione del 1948. Dall’altro lato, c’è il progetto leghista dell’autonomia differenziata, il cui effetto principale rischia di essere la frantumazione dell’unità del paese in una “secessione dei ricchi”: le regioni ricche si costruiranno le loro piccole repubbliche di fatto, le quali potranno decidere su tutto, o quasi tutto.
Entrambi questi progetti rafforzano il potere del capo: il capo del governo nazionale, ma anche il capo delle regioni, l’attuale presidente, che guiderà regioni con “superpoteri”. In entrambi i casi questa destra si muove in una precisa direzione: affermare il rafforzamento del potere esecutivo e del suo vertice come strumento di risoluzione dei problemi, illudendo i cittadini di poter scegliere qualcosa che finora è sempre stato impedito loro di fare, e cioè chi li governa. Nella terza puntata della serie dedicata alle modifiche costituzionali , Pubblica ha ospitato il costituzionalista Gaetano Azzariti, dell’università “La Sapienza” di Roma.
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Premierato alla Meloni e comunicazione politica. Se il progetto del governo di modifica della Costituzione arriverà in fondo al suo iter, cambierà qualcosa nel modo di comunicare della politica? Per la prima volta nel sistema politico italiano ci sarà la figura di un capo – a livello nazionale – che ha ricevuto un’investitura diretta da parte degli elettori. Gli anni del berlusconismo-con-Berlusconi sono già stati la prova di una comunicazione ritagliata sulla figura di un capo?
Nella quarta puntata dedicata al progetto di Giorgia Meloni, Pubblica ha ospitato Sara Bentivegna, docente di comunicazione politica all’università La Sapienza di Roma. Nella stessa puntata Carlo Mochi Sismondi, presidente del Forum Pubblica Amministrazione e membro del Forum Disuguaglianze e Diversità, ha parlato del rapporto tra il premierato immaginato dal governo Meloni e la pubblica amministrazione. Cosa cambia in questa relazione se il potere esecutivo è concentrato nella figura di un capo?