La prima cosa che colpisce del graphic novel “Racconto Palestina”, firmato dal fumettista originario di Jenin Mohammad Sabaaneh e pubblicato in Italia da Mesogea, è lo stile spigoloso e abrasivo dei disegni. Per raccontare l’incontro tra un palestinese in prigione e un uccellino che gli viene a cantare le storie raccolte dall’altro lato delle sbarre, l’autore ha letteralmente scolpito ogni pagina su delle tavole di linoleum o di legno che ha poi ricoperto di inchiostro nero per la stampa. Questa tecnica, la linoleografia, crea un tratto ricco e luminoso, esaltando l’espressività dei disegni e il contrasto tra il bianco quasi accecante delle figure e il nero denso e avvolgente delle pagine. Una scelta di colori che è in parte un invito a prendere posizione: o con gli oppressi o con gli oppressori, non ci sono vie di mezzo. In parte un modo di evocare, tramite la predominanza del nero, la cappa plumbea sotto cui vivono i palestinesi a causa dell’occupazione israeliana.
La tecnica usata rimanda poi all’abitudine che hanno i prigionieri di incidere i muri delle loro celle. Durante il suo soggiorno nelle galere israeliane, che ha ispirato una parte del romanzo, lo stesso Sabaaneh ha provato a scrivere sulle pareti, scoprendo che è molto più difficile di quello che sembra e che ci vogliono molta energia e impegno per riuscirci. Quindi, a modo suo, ha voluto scolpire in queste pagine le storie di chi vive in Palestina, prigioniero di una prigione a cielo aperto.
“Racconto Palestina”, che l’anno scorso ha vinto il premio come miglior libro palestinese nel Regno Unito, non è un’autobiografia né un reportage a fumetti e nemmeno un racconto fantastico ma mescola i generi in modo poetico, delicato e potente. Prendendo in prestito la figura dell’uccellino all’artista e amico Maisara Baroud, che oggi è sotto le bombe a Gaza e ha perso la casa e il suo studio, Sabaaneh ci parla nonostante tutto di bellezza e di libertà. Lo fa anche mentre racconta la vita a Gaza prima della guerra, ritmata dal rombo costante dei droni israeliani di pattuglia (le Zennana), come la descriveva il
giornalista Nidal Al-Wahidi, di cui non si hanno più notizie da quando l’esercito è entrato nella striscia. Mentre parla di quel maestro di scuola che non sa mai se riuscirà a organizzare una partita di calcio perché quello studente è ferito, un altro è morto e l’altro ancora è in prigione. O quando evoca l’acquisto paterno di un terreno per costruire la casa di famiglia che è stato espropriato da Israele e oggi fa parte di una colonia. Perché, come ribadisce più volte nel libro, anche se sono storie dolorose, e forse proprio per questo, sono altrettante ragioni di non lasciare la Palestina.
Nei disegni di Sabaaneh, che oggi vive a Ramallah, non ci sono le colonie e nemmeno Gerusalemme perché, diversamente da altri fumettisti internazionali che hanno parlato di Israele e Palestina, lui non ha accesso a quella parte del suo paese. Non sa come sia. Non è quindi solo per il suo particolare stile artistico, ma anche perché gli illustratori palestinesi sono ancora pochi, e perché sono ancora meno quelli che hanno scritto un graphic novel per raccontare il loro paese, che il suo lavoro è un’interessantissima eccezione da leggere da cima a fondo.
Racconto Palestina, di Mohammad Sabaaneh, traduzione di Enrica Battista. 136 pagine in bianco e nero. Edizioni Mesogea, 22 euro.