Ci sono film che appena arrivano in sala travolgono pubblico e critica con immenso successo – quest’anno ne abbiamo avuti ben tre: Barbie, Oppenheimer e C’è ancora domani. Poi ce ne sono altri che hanno bisogno di tempo per diventare di culto, e magari si rivelano anticipatori e influenti anche senza sfondare nell’immaginario mainstream. Uno di questi è Scott Pilgrim vs. the World che, uscito nel 2010, fu un flop commerciale (in Italia la distribuzione fu quasi invisibile): era diretto da Edgar Wright, autore inglese diventato celebre sulla scena indie grazie a Shaun of the Dead (geniale commedia horror in Italia distribuita col mortificante titolo L’alba dei morti dementi) ed era tratto da una serie di graphic novel scritte da un fumettista canadese, Bryan Lee O’Malley.
La storia era quella di un ventenne di Toronto, non particolarmente brillante di nome Scott Pilgrim, più o meno nullafacente, a parte la sua presenza in una scalcagnata band musicale; nei suoi sogni, però, appariva improvvisamente la bella Ramona Flowers, ragazza americana dai capelli colorati e dai pattini quasi quasi sempre ai piedi. Letteralmente la ragazza dei suoi sogni, che subito dopo Scott incontrava anche nella realtà, innamorandosene perdutamente; purtroppo, scopriva, per poter stare con lei doveva combattere i suoi sette malvagi ex, riunitisi in una lega apposta per contrastarlo. Scott Pilgrim vs the World, il fumetto prima e il film poi, erano un prodigioso mix di linguaggi pop, un rimescolamento postmoderno che attraversava diversi media, in particolare il videogioco e il fumetto (due esempi per tutti: gli scontri tra Scott e gli ex di Ramona ricalcano quelli dei videogame picchiaduro tipo Street Fighter; la Lega dei malvagi ex sembra uscita da un film di supereroi).
Il film di Wright, in particolare, è molto apprezzato da cineasti contemporanei come Quentin Tarantino, anche se certamente a qualche spettatore può risultare respingente: è rutilante, a tratti nonsense, iper citazionista e multimediale. Ha anche una colonna sonora notevole, e un cast che ha raccolto e in molti casi lanciato diversi attori giovani oggi discretamente celebri: dai protagonisti Michael Cera e Mary Elizabeth Winstead, ai futuri eroi Marvel Chris Evans e Brie Larson, passando per Aubrey Plaza, Jason Schwartzman, Kieran Culkin, Anna Kendrick, Alison Pill. Tutto il cast, anche se solo a livello vocale, si è riunito per Scott Pilgrim: La serie, produzione animata targata Netflix molto attesa dai fan e disponibile sulla piattaforme da qualche settimana.
A coordinare la serie c’è lo stesso autore dei fumetti, Bryan Lee O’Malley, mentre il regista del film Edgar Wright è tra i produttori esecutivi. Il titolo in originale è Scott Pilgrim Takes Off, cioè “Scott Pilgrim decolla”: non vogliamo fare alcuno spoiler, ma è un titolo che si sposa perfettamente agli eventi della serie e che nello stesso tempo ci mette già in guardia sul fatto che lo show animato non è un adattamento fedele e pedissequo di fumetti e film. Anzi: con una serie di trovate geniali, O’Malley approfitta dell’opportunità di tornare sulla sua creatura per realizzarne una versione alternativa che, nello stesso tempo, è una risposta implicita anche a diversi fraintendimenti che negli anni hanno circondato l’interpretazione di questa storia.
La resa animata è in stile anime (lo studio che ha realizzato la serie è giapponese) ma con una grande aderenza ai disegni originali del fumetto, aggiungendo così un ulteriore linguaggio pop a quelli già presenti nel materiale di partenza. E la trama, rivisitata, fa sì che Scott Pilgrim: La serie diventi una narrazione davvero corale, lasciando spazio a tutti i personaggi – soprattutto a Ramona Flowers – e rendendo ancora più evidente che quest’avventura non è mai stata la canonica vicenda eroica in cui un ragazzo sfigato conquista a forza di pugni la sua principessa. Se avete voglia di sovvertire narrazioni e convenzioni, Scott Pilgrim: La serie fa per voi.