Ieri la Rai ha diffuso un audio di Giulia Cecchettin. E’ un messaggio vocale inviato alle amiche. E’ la prima volta che sentiamo la voce di una donna uccisa. Le morte non possono parlare. Da sempre siamo abituati a sentire solo la versione dell’assassino: il gigante buono, il bravo ragazzo, quello che amava troppo. Siamo avvezzi a una sola versione dei fatti, ad un solo punto di vista: il suo. Quello che ascoltiamo da Giulia Cecchettin, con la sua voce, è ciò che chi lavora sulla violenza di genere sa: i femminicidi sono solo l’ultimo anello di una catena che si stringe intorno alla vittima. Fatta di ricatti, violenze psicologiche, manipolazioni, minacce, persecuzioni. I femminicidi vengono da lontano, non sono raptus. Non sono frutto di rabbia del momento, non arrivano al culmine di un litigio, come narrano certe cronache romanzate. E’ Giulia a raccontare con la sua voce quello che accadeva prima che Filippo Turetta prendesse un coltello, dei sacchi neri, una sim prepagata e la accoltellasse a morte.
L’audio integrale pubblicato da Chi l’ha visto
Questa voce arriva poco dopo che Filippo Turetta aveva fatto sentire la sua, dicendo dei suoi intenti suicidi dopo l’arresto, gli stessi che usava per cercare di manipolare la ex compagna. Giulia che si sente in colpa, che teme per lui, invece che per se stessa. Una narrazione del tutto diversa da quella accreditata dalla famiglia di Turetta e dal suo primo legale:il ragazzo tenero di cui si impadronisce un demone e che impazzisce in modo inspiegabile. L’abbraccio all’orsacchiotto,i biscotti per Giulia, la mamma che stira la tuta e porta in tavola la cotoletta: immagini casalinghe da famiglia tradizionale e si, patriarcale. Del resto il destino di Turetta si gioca tutto sul riconoscimento o meno della premeditazione. Giulia Cecchettin, raccontando il suo disagio alle amiche intime, mai avrebbe potuto pensare che quella conversazione privata sarebbe diventata di dominio pubblico. Oggi quelle parole sconvolgono e disturbano perché sono una luce sulla normalità, la quotidianità dei femminicidi; sui gesti, non sempre riconoscibili nelle relazioni, che portano quella catena a stringersi sempre di più.
di Massimo Alberti e Chiara Ronzani
Foto | Vigonovo, il murales dedicato a Giulia Cecchettin