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Hadsel è il nuovo album di Beirut, il nostro artista della settimana

beirut hadsel

Beirut – Hadsel: fin dalle prime note della prima canzone del nuovo, sesto album di Beirut (sito ufficiale), si possono cogliere alcune sfumature. Che a qualcuno, che ha amato il progetto musicale di Zach Condon fin dal suo esordio, il folgorante “Gulag Orkestar”, riporteranno proprio alla mente le melodie di quelle primissime canzoni. Originali, lontanissime dall’essere la copia di alcunché, ma anche capaci di mille citazioni, rimandi, influenze.

Se quel primo disco, uscito nel 2006, quando Zach Condon era appena ventenne, era il risultato del girovagare in Europa di un ragazzo di 17 anni (insieme al fratello maggiore) raccogliendo storie e idee musicali, scoprendo la cultura balcanica e innamorandosi delle sue melodie, questo che esce nel 2023 è il racconto di un altro viaggio.

Ma resta un disco solitario, di un unico musicista. Con il successo raccolto grazie ad album riuscitissimi come The Flying Club Cup e The Riptide, Beirut era diventato il nome di una band: guidata sempre da Condon, fulcro creativo irrinunciabile, ma una band.

Poi, nel 2019, durante il tour per l’album “Gallipoli” (che raccontava ancora una volta di un viaggio, di un luogo e delle sue influenze), lo stress del suonare dal vivo, da lui sempre sofferto, e una forse conseguente e pesantissima laringite, constrinsero Zach Condon a cancellare molte date, interrompendo i concerti. Una botta emotiva e non solo: cancellare una tournee già organizzata non è certo uno scherzo, anche da un punto di vista economico. Ma la paura era più forte, soprattutto perché i medici gli dicevano che rischiava di non poter più cantare.

Ne seguì un altro viaggio. Verso un luogo solitario, apparentemente desolato: il nord della Norvegia, nell’isola di Hadsel, oltre il Circolo Polare Artico. Zach Condon racconta così questa parte della storia, sulla home page del suo sito: «La baita che ho affittato aveva una splendida vista sulle montagne e sul mare, ma il clou per me era che fosse fornita di un organo a pompa in prestito illimitato da un vicino, amante degli organi».

beirut hadselIl temporaneo esilio in Norvegia è diventato così un ritiro spirituale immerso nel silenzio della natura e nella musica dell’organo e degli altri strumenti che il musicista aveva portato con sé. Una volta terminato questo periodo, con una manciata di canzoni, Condon è rientrato a Berlino, dove viveva da un po’. Era il 2020. E il mondo stava per chiudersi, per colpa del Covid.

Questi avvenimenti hanno portato Zach Condon a lavorare, di nuovo, in completa solitudine: «Laddove normalmente avrei chiamato la band, per farmi aiutare nello sviluppo delle canzoni, ho invece deciso di tornare all’approccio fai-da-te del mio primo disco, sovrapponendo tamburi e shaker a vecchie drum machine e agli strani suoni di percussioni fatti coi synth che avevo creato in Norvegia. Ho concluso che un percorso di autosufficienza fosse la scelta migliore, in parte per i problemi causati dal Covid nei viaggi, in parte per dimostrare a me stesso che potevo gestirmi da solo ancora una volta».

Sarebbe un errore pensare che da un processo così descritto ne sia uscito un disco scarno e austero. Sono invece ricchi e corali gli arrangiamenti, a dimostrare un’altra volta quanta musica ci sia nell’animo gentile e poetico di questo cantautore.

Sarà il nostro artista della settimana, ascolteremo le sue canzoni per i prossimi sette giorni, e gli dedicheremo uno speciale domenica 19 novembre, dalle 12.30 alle 13. Intanto, qui sotto, il video di “So many plans”, il primo singolo che ha annunciato il disco.

 

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  • Autore articolo
    Niccolò Vecchia
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