Negli anni 50, Elizabeth Zott è una giovane chimica che lavora come tecnica di laboratorio in un prestigioso istituto di ricerca. O meglio, ci prova, ma i suoi colleghi – tutti maschi, eccezion fatta per le segretarie – la relegano più che altro all’impegno di portar loro il caffè, ignorandola e/o svalutando il suo operato. Elizabeth li ignora a sua volta: quando il laboratorio si svuota, prosegue da sola i suoi esperimenti, determinata a pubblicare uno studio rivoluzionario, certa che l’inconfutabilità dei dati scientifici non potrà privarla del riconoscimento che le spetta.
Poi succede l’imprevisto: Elizabeth incontra Calvin, chimico prodigio e misantropo, e i due iniziano insieme una collaborazione improbabile che poi sfocia anche nell’amore. Tutto sembra procedere a gonfie vele… e allora come mai, all’inizio della serie, ci viene mostrata un’Elizabeth che, diversi anni dopo, fa la conduttrice televisiva di un programma di cucina invece che l’acclamata scienziata? La trama che abbiamo appena riassunto è quella della nuova miniserie Lezioni di chimica, su Apple TV+ dal 13 ottobre, e può essere che qualcuno di voi l’abbia riconosciuta perché la serie è tratta dall’omonimo bestseller di Bonnie Garmus, edito in Italia da Rizzoli, e campione di vendite in diversi paesi del mondo.
La storia di Elizabeth Zott non è vera, ma verosimile, soprattutto quando racconta la sistemica discriminazione delle donne negli anni 50 e 60: “sistemica” è l’aggettivo fondamentale, perché – come mostra anche la serie – maschi e femmine erano convinti che fosse nell’“ordine naturale delle cose” per le donne occuparsi di casa, famiglia e al massimo di professioni di servizio e di cura, mentre agli uomini erano riservate le carriere importanti e ben pagate, gli onori, lo studio, la scienza, etc.
Il bestseller di Garmus e ora la serie Lezioni di chimica sono stati facilmente accostati alla serie cult The Marvelous Mrs. Maisel, per svariate ragioni: entrambe cominciano negli anni 50, entrambe hanno al cuore un tema femminista, la storia d’emancipazione di una donna in un contesto a grande prevalenza maschile (qui la chimica, là il mondo della comicità); la ricostruzione storica è in entrambe molto accurata, ricca di dettagli, e inevitabilmente anche un po’ nostalgica, come spesso accade con i period drama; Elizabeth Zott e Midge Maisel hanno caratteri molto diversi, per certi versi più che opposti (se Midge è ossessionata dalla perfezione e dal piacere a tutti, a Elizabeth non potrebbe importare di meno del giudizio altrui), ma hanno entrambe una battuta pronta e sferzante quasi ogni volta che qualcuno cerca di sminuirle.
Elizabeth Zott è interpretata da Brie Larson, attrice premiata con l’Oscar per Room, ma nota al grandissimo pubblico per il ruolo della supereroina Captain Marvel nei film del Marvel Cinematic Universe. Tristemente nota, verrebbe da dire, ovviamente suo malgrado: una parte molto rumorosa del fandom Marvel è notoriamente misogina, pronta a scatenare attacchi online alle attrici che secondo loro “rovinano” i loro amati prodotti. Brie Larson, a loro dire, è perdipiù “colpevole” di dichiararsi apertamente femminista, sostenendo i movimenti #MeToo e Time’s Up, e il suo personaggio Carol Danvers/Captain Marvel sarebbe “irrealisticamente” troppo forte, tanto da demolire la sospensione dell’incredulità (interessante: negli anni i fan Marvel hanno accettato entusiasticamente supereroi come “l’uomo formica” Ant-Man o l’albero semovente Groot, ma una pilota donna che sviluppa poteri cosmici non sarebbe verosimile).
Nonostante le campagne d’odio online – basta cercare “Brie Larson” su YouTube per trovare innumerevoli video che la criticano violentemente per qualsiasi cosa –, l’attrice tornerà a indossare il costume di Captain Marvel nel film The Marvels, in uscita a novembre. Di Lezioni di chimica è anche produttrice. E la storia della chimica Elizabeth Zott, che a guardar bene ha più aspetti in comune con la parabola aspirazionale di La regina degli scacchi che con The Marvelous Mrs. Maisel, con quella della comedian Midge condivide anche l’importanza della nascente televisione nella pop culture americana: nel suo programma di cucina, Cena alle sei, Elizabeth inserisce in modo interessante e informativo nozioni scientifiche, esorta le spettatrici a seguire i propri desideri, reitera continuamente la serietà delle cosiddette “occupazioni da donna”, esorta i piccoli spettatori ad apparecchiare la tavola per dare alle madri un po’ di respiro. Insomma, è sempre un’eroina, anche senza mantello.